Commercio estero: Istat, a novembre export +4% su ottobre e +1,1% su base annua; import +3,3% su mese e -3,2% su novembre 2019

A novembre, dopo il calo di ottobre, l’export registra un nuovo rialzo congiunturale, sostenuto da entrambe le principali aree di sbocco (Ue e extra Ue) e spiegato per oltre la metà dall’aumento delle esportazioni di beni intermedi. Un contributo importante deriva inoltre dalla crescita delle vendite di beni di consumo non durevoli. Lo rende noto oggi l’Istat diffondendo i dati sul commercio con l’estero e i prezzi all’import.
A novembre 2020, scrive l’Istituto di statistica, “si stima una crescita congiunturale per entrambi i flussi commerciali con l’estero, più intensa per le esportazioni (+4,0%) che per le importazioni (+3,3%). L’aumento su base mensile dell’export è dovuto all’incremento delle vendite sia verso l’area Ue (+4,8%), di maggiore entità, sia verso i mercati extra Ue (+3,2%)”.
Tra i settori che contribuiscono maggiormente all’aumento tendenziale dell’export si segnalano metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+15,3%), autoveicoli (+26,9%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+5,7%), sostanze e prodotti chimici (+6,2%), macchinari e apparecchi n.c.a. (+2,1%) e apparecchi elettrici (+6,5%). In calo su base annua prodotti petroliferi raffinati (-51,6%), articoli di abbigliamento, anche in pelle e pelliccia (-17,9%) e articoli in pelle, escluso abbigliamento, e simili (-12,3
Anche su base annua, l’export torna a crescere trainato dalle vendite di beni intermedi e beni strumentali. L’aumento dell’export di metalli, auto e macchinari – la metà verso Germania, Svizzera e Cina – contribuisce per oltre 3 punti percentuali all’incremento tendenziale complessivo. L’import, spiega ancora l’Istat, “segna un aumento su base mensile in entrambi i mercati, Ue ed extra Ue, dovuto principalmente ai maggiori acquisti di beni strumentali. La sua contrazione tendenziale si ridimensiona notevolmente”.
Per i prezzi all’import, l’aumento congiunturale a novembre è dovuto soprattutto al rialzo dei prezzi dei prodotti energetici, più marcato nell’Area non euro, e dei beni intermedi; su base annua, si rileva una lieve accentuazione della flessione.

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