Mortalità infantile: diminuito di circa il 60% tasso globale sotto i 5 anni. Fore (Unicef), “situazione ancora difficile per i più poveri e vulnerabili”

A trent’anni dal primo World Summit for Children “i risultati per i bambini sono stati impressionanti: sempre più bambini vivono vite più lunghe, migliori e maggiormente in salute. Fra il 1990 e il 2019, il tasso globale di mortalità sotto i cinque anni è diminuito di circa il 60%. Il numero globale di bambini in età da scuola primaria che non frequentavano la scuola è diminuito dai 100 milioni del 2000 ai 59 milioni del 2018. Meno bambini stanno soffrendo di malnutrizione o di malattie prevenibili”. Lo ha dichiarato Henrietta Fore, direttore generale dell’Unicef, secondo cui questo 30° anniversario “è un’opportunità per celebrare i grandi risultati raggiunti negli ultimi trent’anni, ma anche un forte monito su come il Covid-19 potrebbe farci tornare indietro”. “La situazione continua ad essere difficile per i più poveri e i più vulnerabili”, denuncia Fore, spiegando che “oltre alle persistenti sfide per la salute, la nutrizione e l’istruzione, i risultati duramente ottenuti per proteggere e far progredire i diritti dei bambini sono minacciati da problemi ancora in corso come la disuguaglianza, il cambiamento climatico, i conflitti violenti e, ora in modo più critico, la crisi del Covid-19”. “Il numero di Paesi che vive conflitti violenti è il più alto degli ultimi 30 anni”, prosegue Fore, sottolineando che “oltre 30 milioni di bambini sono stati sfollati a causa di conflitti”. “In aggiunta, a causa della pandemia attuale, il numero di bambini che vive in povertà multidimensionale è aumentato del 15%, fino a circa 1,2 miliardi nel mondo. Almeno 24 milioni di bambini rischiano di abbandonare la scuola”, evidenzia il direttore generale dell’Unicef.
Nel nostro Paese, ricorda Francesco Samengo, presidente di Unicef Italia, secondo i dati Istat “vivono 1 milione e 100mila bambine e bambini in povertà assoluta. Non dobbiamo dimenticarci di loro, dei più poveri e vulnerabili che, anche nel nostro Paese, rischiano di diventare ancora più invisibili”.

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