Parità scolastica: mons. Crociata (Cnsc), “a vent’anni da legge 62 un bilancio relativamente magro”

A vent’anni dall’approvazione della legge 62 sulla parità scolastica (ieri, 10 marzo 2000) possiamo fare “un bilancio relativamente magro. È stato enunciato e adottato il principio della parità scolastica, ma si attendono ancora i necessari completamenti perché la scuola italiana pensi e agisca realmente come un unico sistema articolato al suo interno in una pluralità di scuole statali e non statali. Anche sul versante dell’autonomia, infatti, vi sono ancora passi da compiere”. Lo sottolinea, in un’intervista al Sir, mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università della Cei, nonché presidente del Consiglio nazionale della scuola cattolica (Cnsc).
La legge, a livello culturale, è stata certamente importante, “per il fatto che il principio è stato introdotto nell’ordinamento. L’importanza della legge non può essere sottovalutata, perché ha dato finalmente attuazione a un principio costituzionale, quello della libertà educativa e del diritto all’istruzione. Il linguaggio della scuola vi si è in qualche modo adeguato, formalmente si riconosce che la scuola paritaria è a pieno titolo scuola pubblica, parte integrante del sistema scolastico nazionale della Repubblica italiana. Tutto ciò, nondimeno, stenta ancora a diventare sentire diffuso, cognizione condivisa e apprezzata sulla identità complessiva della scuola e del sistema scolastico nella sua integrità”, evidenzia il presule.
“L’aspetto economico – afferma mons. Crociata – è rivelatore dell’effettiva recezione e attuazione della legge. Di fatto, la libertà di scelta educativa è monca finché permane la disparità obiettiva di trattamento tra scuole statali e scuole paritarie. Queste vengono dichiarate pubbliche al pari delle statali, ma di esse il pubblico non si fa carico se non in minima parte, del tutto insufficiente. La libertà di scelta delle famiglie non può venire esercitata se il costo della scuola paritaria ricade così pesantemente su di esse; tanto più che esse contribuiscono già, attraverso il sistema fiscale, al sostegno economico della scuola statale e si devono, eventualmente, far carico aggiuntivamente della scuola paritaria”.

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