Messaggio per la Giornata della pace: Pagano (Centro Regina Pacis), “prenderci cura degli altri condividendo la nostra fragilità”

Alcune testimonianze da luoghi diversi del Pianeta hanno arricchito il webinar sul messaggio del Pontefice per la 54ª Giornata mondiale della pace. Il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, ha parlato da Mosul in Iraq. “Qui – ha raccontato – la vita è quasi normale, ma la pandemia ha cambiato molte cose. C’è una speranza dentro il cuore della gente per un futuro migliore. Gli iracheni hanno sofferto molto. Tanti cristiani – quasi un milione – hanno lasciato il Paese. Siamo un piccolo gregge ma la nostra presenza è molto apprezzata, è una Chiesa dinamica”. “La visita di Francesco in Iraq (prevista a marzo, ndr) è molto coraggiosa in un contesto così teso. Il Papa ha il carisma del dialogo. Avrà un messaggio per il Medio Oriente: essere un solo corpo per costruire la pace, la stabilità e la dignità umana. E per i cristiani: incoraggiarli a sperare e costruire la fiducia con i vicini musulmani e preparare un futuro migliore”. Don Gennaro Pagano, direttore del Centro Regina Pacis, ha parlato della Cittadella dell’inclusione di Quarto, nella diocesi di Pozzuoli, dove sono nate tre comunità residenziali per adolescenti, donne sole e persone disabili. “Tre fragilità diverse – ha detto – che accompagnate diventano risorse l’una per l’altra. A volte una delle tentazioni è di dirci che per prenderci cura dell’altro dobbiamo stare prima bene noi. Nella Cittadella avviene esattamente il contrario. Possiamo prenderci cura degli altri condividendo la nostra fragilità. Anch’io ho riscoperto un Dio fragile di cui prendermi cura. Il messaggio della pace di Francesco ci ha confermati in questa missione di promuovere la cultura della cura”. Marco Danesi, vice direttore della Caritas di Brescia, ha ricordato infine i mesi duri della pandemia in cui inizialmente la Caritas aveva chiuso il magazzino per il rifornimento dei centri parrocchiali. “I giovani – ha affermato – ci sono venuti in aiuto e ci hanno permesso di riaprire i servizi. Ci siamo sentiti tutti feriti e per questo si è riattivato il bisogno di costruire un legame e preoccuparsi dell’altro. La carità e la cura per la Chiesa non sono elementi opzionali ma devono essere sostanziali e far parte della comunità. Forse riusciremo a riscoprirci poveri fra poveri ma ricchi dell’amore di Dio”.

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