Niger: Boukar a Dire, “un intervento militare straniero ancora peggio del golpe”

(DIRE-SIR) – Un’avventura pericolosa, dalle conseguenze potenzialmente più gravi del golpe stesso. Con il rischio di innescare un conflitto intestino, che colpisca anzitutto i civili e finisca paradossalmente per rafforzare il sostegno alla giunta militare. Hassan Boukar, fondatore a Niamey di Alternative Espaces Citoyens, un’associazione impegnata per i diritti umani, mette in guardia da un intervento militare straniero in Niger. Con l’agenzia Dire parla dopo lo scadere dell’ultimatum della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas/Cedeao) alla giunta che il 26 luglio ha arrestato il presidente Mohamed Bazoum, eletto nel 2021. Secondo Boukar, si può parlare all’infinito delle ragioni addotte dai golpisti ma il punto “non è essere d’accordo o meno con loro”. “Un intervento militare per liberare Bazoum e rimetterlo al potere è un’avventura le conseguenze della quale saranno indubbiamente più gravi del colpo di Stato”, ribadisce il fondatore di Alternative Espaces Citoyens. “Anzitutto ci saranno necessariamente perdite di vite umane poiché i golpisti hanno dichiarato che si difenderanno e allora, anche questa volta, i civili saranno le prime vittime”. Non solo. Boukar ritiene quantomeno a rischio le “certezze” dell’Ecowas e dei suoi “sponsor occidentali”. Un riferimento, questo, in particolare alla Francia, l’ex potenza coloniale, ai Paesi dell’Unione Europea e agli Stati Uniti: “Sono convinti che salveranno Bazoum e che lo riporteranno al potere, ma non si capisce questa sicurezza su cosa si basi”.
Il punto di vista è quello di chi per anni si occupato di diritti umani, persone vulnerabili e anche di migrazioni, un fenomeno che investe con intensità il Niger come Paese di origine e di transito e allo stesso tempo l’intera regione del Sahel. “Un conflitto armato rafforzerà sicuramente la già significativa divisione tra le diverse componenti della società nazionale”, prevede Boukar. “Il modo nel quale l’ex presidente Mahamadou Issoufou, predecessore e compagno di partito di Bazoum, ha gestito il Paese per dieci anni ha messo a dura prova la coesione e la convivenza nel Paese: non sorprende che oggi alcuni intravedano il rischio di una guerra civile”.
Un altro elemento di incertezza riguarda la tenuta dello Stato di fronte alle incursioni dei gruppi ribelli. Si tratta di formazioni etichettate come “jihadiste” o “terroristiche” contro le quali Francia, Stati Uniti e Ue hanno dispiegato in Niger reparti e risorse militari. “Senza contare”, riprende l’attivista, “che lungi dell’isolare la giunta l’intervento straniero può rafforzarla garantendole un maggior sostegno presso l’opinione pubblica”. A confermarlo sarebbe stata la manifestazione di ieri allo stadio di Niamey. In coincidenza con lo scadere dell’ultimatum dell’Ecowas decine di migliaia di persone hanno affollato l’impianto per protestare contro un’azione di forza dall’esterno e per esprimere sostegno alla giunta. Secondo Boukar, al di là degli aspetti propagandistici questa e altre iniziative “suggeriscono che la maggioranza dei nigerini non vuole una resa dei conti con le armi e che questa guerra non è nel loro interesse”. Ci sono poi i dubbi sulle motivazioni della Francia. E non si tratta, secondo il fondatore di Alternative Espaces Citoyens, solo del fatto che Niamey è il primo esportatore di uranio in Europa e che Parigi dipende in modo accentuato da queste importazioni per il proprio fabbisogno di energia. “Bazoum è uno dei pochi presidenti, se non l’unico, ad aver rafforzato la collaborazione con gli occidentali in un contesto saheliano caratterizzato dalla contestazione degli interventi militari francesi e occidentali”, dice Boukar. “È l’uomo che ha aperto il Niger alle basi straniere e ora che è caduto in disgrazia bisogna salvarlo: in una situazione odierna che assomiglia a quella della Guerra fredda premiare la lealtà è importante”.
Nell’intervista si parla anche della Russia, più volte accusata di aver avuto o acquisito un ruolo nei golpe che si sono verificati a partire dal 2020 in Africa, in particolare nell’area del Sahel. “Per la Francia ‘perdere’ il Niger appare catastrofico perché ha già ‘perso’ uno ad uno Mali, Guinea e Burkina Faso”, ragiona Boukar. “Parigi non vuole che questo golpe abbia successo e perdipiù accusa la giunta di strizzare l’occhio ai paramilitari russi di Wagner; il messaggio è: ‘Abbiamo investito troppo in questo Paese perché vada tutto in malora'”.
Un’ultima battuta è per il Parti nigérien pour la démocratie et le socialisme (Pnds), la formazione politica di Issoufou, presidente dal 2011 al 2021, e poi di Bazoum. Il fondatore di Alternative Espaces Citoyens riferisce che il Pnds si espresse in favore del golpe che nel 2010 pose fine al governo del capo di Stato Mamadou Tandja. La tesi di Boukar è che oggi e nel futuro siano necessari un approccio e un respiro più profondi, non stretti solo e soltanto sull’attualità. “Dobbiamo denunciare i colpi di Stato e lavorare per farli sparire dall’Africa, ma questo è un lavoro a lungo termine”, scandisce l’attivista. “Non bisogna solo punire gli eserciti, è pure necessario disciplinare l’élite politica; una élite che in diversi Paesi gioca la carta militare quando i suoi interessi sono minacciati e che anche in Niger può sorprendere, magari benedicendo i colpi di stato quando si trova all’opposizione”.
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