Colombia: i vescovi, “non rassegnarsi alla violenza”. Appello per liberazione di una sergente di polizia e del figlio autistico

Ph. Cec

Giunge in coincidenza con la “giornate chiave” del processo di pace in Colombia il messaggio della Conferenza episcopale colombiana, presentato ieri in una conferenza stampa, nel corso dell’assemblea plenaria svoltasi questa settimana a Bogotá. Nel loro messaggio al popolo di Dio, frutto del discernimento di questi giorni, i vescovi hanno sottolineato che non si rassegnano alla violenza e propongono il cammino che “i colombiani sono invitati a seguire”.
Mentre è notizia dell’ultima ora la conferma della morte, dopo un attacco subito in Venezuela, di Luciano Marín Arango, conosciuto con il nome di Iván Márquez, leader della dissidenza dell’ex guerriglia Farc (dopo essere stato il capo negoziatore degli accordi di pace del 2016 a L’Avana), proprio ieri è scattata la delicatissima tregua di un mese con la guerriglia colombiana ancora attiva, l’Esercito di liberazione nazionale (Eln), anticipo del vero e proprio cessate-il-fuoco, tra la guerriglia dell’Esercito di liberazione nazionale e il Governo colombiano, in seguito all’accordo firmato nelle scorse settimane a L’Avana. L’Eln ha ordinato alle sue forze di porre fine alle “azioni militari offensive” a partire dal 6 luglio. In un messaggio pubblicato sul proprio sito web, i guerriglieri affermano di essere pronti a “rispondere alle minacce o agli attacchi di qualsiasi gruppo armato contro le nostre unità o contro la popolazione civile”. I giorni che hanno preceduto l’avvio della tregua, però, sono stati costellati da attacchi e violenze e restano dubbi che la dirigenza delal guerriglia riesca a far rispettare la tregua a tutti i suoi effettivi, dislocati nelle regioni più periferiche della Colombia. Particolare scalpore ha suscitato il sequestro, nel dipartimento orientale di Arauca, della sergente di polizia Ghislaine Karina Ramírez e dei suoi figli minorenni, di sei e otto anni, uno dei quali affetto da una particolare patologia autistica. Proprio a questo fatto si è riferito ieri, in conferenza stampa, il presidente della Conferenza episcopale colombiana, mons. Luis José Rueda, arcivescovo di Bogotá, rivolgendo ai rapitori un accorato appello per la liberazione dell’agente e dei suoi figli.
Nel loro messaggio, i vescovi hanno indicato tre pilastri sulla strada della trasformazione della società e del superamento del dolore, della violenza e dell’ingiustizia che affliggono la nazione. In primo luogo, “allontanarsi dal male”, poiché “la pace non può essere raggiunta se non c’è consapevolezza dell’ingiustizia sociale e delle strutture di peccato che portano alla guerra e alla violenza”. In secondo luogo, “fare il bene”, camminando nella verità e nella giustizia, coltivando “la capacità di ascolto e di dialogo”, superando “l’indifferenza e l’intolleranza” e affrontando “le crisi umane, sociali, politiche, economiche, culturali e ambientali con responsabilità e speranza”.
“Cerca la pace e corri dietro a essa” è il terzo e ultimo invito dell’episcopato: “La ricerca della pace è un’opera che richiede tutta la nostra attenzione, il nostro proposito e la nostra perseveranza; è un dono di Dio e un compito umano. Il nostro impegno in questo senso nasce dal Vangelo, si alimenta nella preghiera e si manifesta nell’azione accogliente e misericordiosa”.

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