Povertà educativa: mons. Battaglia (Napoli), “rendere una città fatta di isole una ‘comunità’ che non lascia indietro nessuno”

(Foto: Fict)

“Il mondo purtroppo variegato delle dipendenze” – da sostanze, da gioco d’azzardo, tecnologiche, affettive, sessuale, da consumo – sono accomunate da “una grande povertà. Chi cade nelle dipendenze non solo diventa povero ma ci cade perché già povero: povero di relazioni, povero di senso, povero di significato, povero di quella cura educativa che avrebbe dovuto generare uomini e donne capaci di relazioni sane, di saper cercare un senso alto e nobile, di afferrare il significato più autentico e vero del vivere e dell’amare”. Lo ha detto, ieri sera, mons. Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli e già presidente della Fict, intervenendo alla giornata di riflessione e studio sul tema “Il Progetto Uomo fra storia e profezia , dipendenze e povertà educative oggi”, organizzata dal Centro di Solidarietà di Firenze.
Evidenziando che “le dipendenze ‘sono’ povertà educativa. Perché conducono ad esse e da essa nascono”, il presule ha raccontato la sua esperienza a Napoli e in particolare del Patto educativo che ha lanciato in diocesi coinvolgendo Chiesa, istituzioni e associazioni.
Nel suo ministero di pastore ha incontrato “storie ferite, ali spezzate prima ancora di spiccare il volo, vite segnate dall’assenza di un mondo adulto sano e accudente”. “Le visite, poi, agli istituti minorili, alle case famiglia, insieme agli incontri con gli operatori sociali e sanitari mi confermavano in una terribile premonizione: la maggior parte di quei bambini deprivati culturalmente, poveri da un punto di vista educativo, sarebbe poi incagliata in una qualche forma di dipendenza! Per questo, se è vero che le dipendenze sono il frutto anche e soprattutto della povertà educativa, è vero anche che l’unico antidoto e vaccino che può prevenirle e ridurle è la creazione di una ‘città educativa’, da costruire insieme mattone dopo mattone, promuovendo forme di accompagnamento, cura e partecipazione di ragazzi, giovani e famiglie, forme adeguate a contrastare il degrado umano conseguente alla condizione di emarginazione sociale, di povertà economica e morale”, ha spiegato mons. Battaglia.
In questo, ha osservato l’arcivescovo, “la profezia di Progetto Uomo mi ha guidato non solo nella lettura del problema ma nell’intuizione dell’unica soluzione possibile: rendere una città fatta di isole, di parti separate che si toccano senza mai incontrarsi, una ‘comunità’. Un processo arduo, tutto da costruire e per nulla breve ma al contempo essenziale, urgente. Perché spesso alla radice della povertà educativa vi è una comunità che dimentica di essere tale, che abdica, al suo ruolo, che cede troppo facilmente all’idolatria dell’individualismo, della competizione, dell’io dimenticando il ‘noi’, la sola forza capace di creare comunità e di non lasciare indietro nessuno”.

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