Povertà educativa e dipendenze: mons. Battaglia (Napoli), “per contrastrarle e prevenirle servono relazioni, mani tese, aiuto offerto, liberi ma non soli”

“Relazioni, mani tese, aiuto offerto, liberi ma non soli. Questo è l’esatto contrario della povertà educativa e non solo è un passaggio necessario a guarire dalle dipendenze ma utile soprattutto anche a prevenirle”. Lo ha affermato, ieri sera, mons. Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli e già presidente della Fict, intervenendo alla giornata di riflessione e studio sul tema “Il Progetto Uomo fra storia e profezia , dipendenze e povertà educative oggi”, organizzata dal Centro di Solidarietà di Firenze.
“Spesso credo abbiate sentito parlare della mia città come una città piena di disagi, di delinquenza. Nessun napoletano onesto può negarlo – ha sostenuto il presule – ma c’è un’altra cosa che nessuna persona onesta può negare: a Napoli – e sono certo questo vale per ogni città – il bene, gli uomini e le donne che operano il bene, che eroicamente si spendono per gli altri, che mettono su luoghi di vita e di speranza, sono di gran lunga più numerosi di quelli che seminano morte e vendono dolore”. Ma, ha osservato l’arcivescovo, “il problema è che, mentre questi riescono a creare un vero e proprio sistema, spinti da un’indole comunitaria frutto del calcolo meschino e vigliacco, gli altri sembrano andare ognuno per conto proprio, senza creare un sistema a maglie strette, basato sulla cooperazione, capace di non lasciare indietro nessuno”. Il Patto educativo, lanciato dallo stesso Battaglia a Napoli coinvolgendo anche istituzioni e società civile, “vuole creare questo ‘sistema di vita’, questa città educativa in cui nessuno viene lasciato indietro. Questo è il Patto educativo. Questo è Progetto Uomo”.
Il presule ha chiarito: “La comunità è la nostra forza, anche quando apparentemente è una debolezza, perché magari costringe a rallentare il passo, ad aspettare l’altro, a camminare piano evitando di correre in avanti. La comunità è la nostra storia e la nostra profezia!”.
E rivolgendosi al Centro di solidarietà di Firenze ha esortato: “Siate sempre un segno di profezia, un annuncio di nuove possibilità, di nuove vie di liberazione e guarigione. Siatelo nella società, nella comunità degli uomini e delle donne. Siatelo anche nella Chiesa, aiutando la comunità cristiana a superare quel formalismo ipocrita che divide il mondo in buoni e cattivi, in perfetti e scapestrati, dimenticando invece che la fragilità è eredità comune di tutti, non solo di chi cade, non solo di chi sbaglia. Siate sempre una profezia comunitaria capace di prendersi cura di tutte le storie di solitudine che incontrate ogni giorno”. E, ha concluso mons. Battaglia, “in questa storia frammentata e segnata dall’individualismo e dai paraocchi, il metodo comunitario sia il tesoro che con generosità donate a questo tempo: un tesoro capace di ricostruire le trame dell’incontro, di trasformare luoghi di morte in culle di vita, di creare interconnessioni profonde tra tutti coloro che, sulla scia del Maestro di Nazareth, si adoperano per costruire una civiltà giusta e pacifica, solidale e unita, la civiltà dell’amore!”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori