Papa Francesco: a Fondazione Avsi, “Ospedali Aperti” in Siria è una “lodevole iniziativa”. “Quella siriana rimane una delle più gravi crisi nel mondo”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Considerando il numero imprecisato di morti e feriti, le distruzioni di interi quartieri e villaggi, e delle principali infrastrutture, tra cui anche quelle ospedaliere, viene spontaneo chiedersi: ‘Chi potrà ora guarirti, Siria?’. Quella siriana, a detta degli osservatori internazionali, rimane una delle più gravi crisi nel mondo, con distruzioni, crescenti bisogni umanitari, collasso socio-economico, povertà e fame a livelli gravissimi”. Lo ha sottolineato questa mattina Papa Francesco ricevendo in udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, i membri della Fondazione Avsi per il progetto “Ospedali Aperti” in Siria. Una “lodevole iniziativa”, l’ha definita il Santo Padre, che ha voluto salutare “con viva gratitudine il cardinale Zenari, che da quattordici anni è nunzio apostolico in Siria”. “Pensando alla Siria – ha affermato il Papa –, vengono in mente le parole del Libro delle Lamentazioni: ‘Poiché è grande come il mare la tua rovina, chi potrà guarirti?’ (2,13). Sono espressioni che si riferiscono alle sofferenze di Gerusalemme e che possono far pensare anche a quelle vissute dalla popolazione siriana in questi dodici anni di sanguinoso conflitto”.
Francesco ha poi raccontato di aver “ricevuto in dono l’opera di un artista, che, ispirandosi a una fotografia, a volti reali, ritrae un papà siriano, stremato di forze, che porta il suo bambino sulle spalle. È uno dei circa quattordici milioni di sfollati interni e rifugiati, ossia più di metà della popolazione siriana di prima del conflitto. È un’immagine impressionante di tante sofferenze patite dalla popolazione siriana”. “Di fronte a questa immensa sofferenza, la Chiesa – ha ammonito – è chiamata ad essere un ‘ospedale da campo’, per curare le ferite sia spirituali sia fisiche”.
Dopo la benedizione finale, il Papa è tornato a parlare dell’immagine citata in precedenza: “A me – ha rivelato – ha fatto venire in mente quando San Giuseppe è dovuto fuggire in Egitto: non se n’è andato in carrozza, no, era così, fuggendo precariamente. L’originale di questa immagine me l’ha regalata l’autore che è un artista piemontese; io vorrei offrirla a voi perché guardando questo papà siriano e suo figlio pensiate a questa fuga in Egitto di ogni giorno, di questo popolo che soffre tanto”.

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