Carceri: Casella (direttrice La Dozza), “la rieducazione non si fa ‘in vitro’. È possibile solo se la società entra in carcere”

“La rieducazione non si fa in vitro: è possibile solo se la società entra in carcere. E per le donne le opportunità sono ancor meno che per gli uomini”. Ne è convinta la direttrice del carcere La Dozza di Bologna, Rosa Alba Casella, che così si è espressa intervenendo a Ravenna alla tavola rotonda “Recluse, Donne nelle carceri italiane”.
“Solo 5 istituti di pena in Italia sono interamente femminili – ha aggiunto – e le donne sono ospitate in sezioni che sono state adattate a questo scopo. E questo rende tutto più complicato. Le criticità condizionano il mandato costituzionale della pena rieducativa, l’unico modo di farlo è lavorare in rete”
“Del carcere si parla poco e male – ha evidenziato Adriana Pannitteri, giornalista del Tg1 ed autrice di vari libri sul tema –. Rivolte, degrado, suicidi, inchieste giudiziari sono i temi che affrontiamo, oltre al sovraffollamento. Sono 54mila i detenuti in Italia a fronte di una carenza degli istituto di 50mila. Nel 2022 si sono registrati già 57 suicidi”.
La Pannitteri ha snocciolato i temi da affrontare: “Ci auguriamo che i fondi Pnrr vengano utilizzati per rendere le carceri più vivibili in modo che non ci arrivi un giorno sì e uno no una denuncia dall’Europa per le condizioni di vita dei nostri istituti, e poi sul tavolo c’è la riforma dell’ergastolo ostativo che ha subito uno stop per le vicende politiche degli ultimi mesi. Infine il tema della malattia mentale che, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici, non è stato risolto. Le misure alternative sono poco più di 30 in tutt’Italia e non sempre l’istituto è dotato di segmenti in grado di gestirlo. Mi auguro che questo tema venga affrontato dalla politica. In questa campagna elettorale non ho sentito una sola parola sul carcere”.

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