Cammino sinodale: mons. Castellucci (Modena e Carpi), “significa assumere uno stile di Chiesa, non passare da un evento eccezionale ad un altro”

“Non ci attende un anno di extra o di cose fuori dal normale, ma un anno di ‘normale’ cammino: fare sinodo, infatti, significa assumere uno stile di Chiesa, e non passare da un evento eccezionale ad un altro, con il rischio di affannarsi e perdere la gioia del servire”. Lo ha scritto mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, nel messaggio “Le ragioni di Marta” per il nuovo anno pastorale 2022-2023.
Nel primo anno di cammino sinodale – ricorda l’arcivescovo – le diocesi italiane, attraverso i gruppi sinodali che dovranno proseguire insieme ai ‘gruppi del Vangelo nelle case’, si sono orientate a poco a poco su tre priorità pastorali, che rimandano ad altrettante immagini presenti nella scena evangelica: il villaggio, la casa, il servizio”. “È stato spontaneo allora – prosegue – individuare per il secondo anno i ‘cantieri di Betania’, che, spiega, si articoleranno in “cantiere della strada e del villaggio, che presenta iniziative aperte con creatività ai mondi e agli ambiti di solito non abbastanza ascoltati; cantiere dell’ospitalità e della casa, che raccoglie esperienze di fraternità per rendere ‘casa di Betania’ le nostre comunità; cantiere delle diaconie e della formazione spirituale, che avanza proposte di approfondimento della parola di Dio per vincere l’affanno e nutrire la gioia del servizio”.
“Tutti e tre i cantieri – osserva mons. Castellucci – intendono favorire una Chiesa evangelica, agile, preoccupata meno dell’organizzazione e più della relazione, meno della conservazione e più dell’annuncio, meno delle strutture e più delle persone”. “Ai tre cantieri comuni a tutta la Chiesa italiana, frutto della consultazione del primo anno sinodale, ne aggiungiamo un quarto”, annuncia l’arcivescovo: “Nelle nostre diocesi di Modena-Nonantola e Carpi, chiamate a collaborare sempre più convintamente, si presenta come cantiere del linguaggio”. “Ci si è concentrati soprattutto sul linguaggio liturgico, sulla predica e sulla catechesi”, aggiunge mons. Castellucci. Richiamando quanto vissuto negli anni della pandemia, l’arcivescovo rileva che “facendo tesoro dell’essenziale, tante volte richiamato nei momenti più duri della diffusione del virus, anche la nostra vita pastorale può ripartire più snella, come ci ha chiesto il primo anno del cammino sinodale”. “Quando le nostre comunità cristiane, pur con i loro difetti, assomigliano alla ‘casa di Betania’, diventano attraenti, perché armonizzano l’ascolto della parola di Dio, l’ascolto degli altri e il servizio”, osserva Castellucci. “Nella prima parte dell’anno pastorale, da ottobre a Natale, verrà proposto a tutti gli operatori pastorali (o meglio ‘operai del Vangelo’), e a chiunque altro vorrà partecipare, il percorso ‘Credi tu questo?’, dedicato ai sacramenti”, informa l’arcivescovo, mentre “nella seconda parte dell’anno, da gennaio a maggio, si potranno attivare ‘i cantieri di Betania’, con l’aiuto delle équipe sinodali e degli uffici pastorali, che proporranno idee ed esperienze nei vari ambiti di loro competenza”.

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