Eurostat: durata della vita professionale. Nel Nord Europa si lavora più a lungo. Italia quasi in fondo alla classifica

Nel 2021, un quindicenne europeo poteva prevedere di avere di fronte a sé una vita lavorativa media di 36 anni. Notevoli le variazioni alla media, in base al Paese di nascita. Infatti, per una persona nata nei Paesi Bassi, la prospettiva era di lavorare 42,5 anni, se nata in Svezia 42,3 anni, e se in Danimarca 40,3 anni. Avrebbe lavorato molto meno se quella persona fosse nata in Romania (31,3 anni), in Italia (31,6 anni) o in Grecia (32,9 anni). È l’ufficio europeo di statistica Eurostat a diffondere oggi i dati su questo spaccato del tempo che gli europei dedicano al lavoro retribuito. Oltre alla geografia, a incidere sulla durata della vita lavorativa è il dato del genere: per gli uomini la durata media prevista della vita lavorativa, sempre nel 2021 nell’Ue, era di 38,2 anni; per un quindicenne maschio nascere nei Paesi Bassi e in Svezia avrebbe significato lavorare rispettivamente 44,3 anni e 43,6 anni; un ragazzo bulgaro avrebbe avuto la prospettiva di lavorare 34,6 anni, se rumeno 35 anni. Più corta la vita lavorativa per le donne Ue, con una media di 33,7 anni, e una notevole forbice con le svedesi più longeve lavorativamente (41 anni), seguite dalle olandesi (40,5 anni), mentre per le italiane e le rumene la prospettiva di vita lavorativa era di 26,9 anni e 27,4 anni rispettivamente. Il divario di genere in questo ambito, segnala sempre Eurostat, si è ridotto: se nel 2021 è stato di 4,5 anni di differenza, vent’anni prima la differenza era di 7 anni.
La Lituania è l’unico Stato membro in cui le donne sono nel mercato del lavoro più a lungo rispetto agli uomini (1,3 anni in più), mentre Estonia, Lettonia e Finlandia hanno un divario di genere molto ridotto. Eurostat fa anche notare che il valore della durata media della vita lavorativa nel 2001 era di 32,0 anni, è salito a 35,9 anni nel 2019, nell’anno della pandemia ha avuto una flessione a 35,6 anni per poi tornare a salire.
L’indagine non si sofferma però sul rapporto tra vita professionale contributiva e stato di salute del sistema previdenziale nei singoli Paesi Ue.

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