Ecuador: mons. Cob (Puyo) al Sir su principio di accordo tra Governo e indigeni, “importante per popolazione dell’Amazzonia. Chiesa sarà garante nei tavoli tecnici”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Un accordo molto importante per regolamentare e limitare lo sfruttamento petrolifero e minerario dei territori amazzonici dell’Ecuador. Penso che possa essere di esempio anche per altri Paesi”. Ad affermarlo al Sir è mons. Rafael Cob, vescovo del vicariato apostolico di Puyo e vicepresidente della Repam, la Rete ecclesiale panamazzonica.
Dopo giorni di grande tensione, non solo nella capitale Quito, ma anche nelle zone periferiche, il principio di accordo raggiunto giovedì scorso tra il Governo dell’Ecuador e le organizzazioni sociali, primo tra tutti il Conaie, il coordinamento che rappresenta le popolazioni indigene, con la mediazione della Chiesa, ha fatto tirare a molti un sospiro di sollievo. L’attenzione si è soffermata sulla diminuzione del prezzo della benzina, ma gli accordi sulle politiche estrattive e minerarie sono di grande importanza: “Il divieto di avviare attività petrolifere ulteriori, con l’abrogazione del Decreto 95, ci lascia più tranquilli, così pure la volontà di escludere aree protette e territori ancestrali da attività minerarie. Si tratta di territori che vanno rispettati, così come quelli di valenza archeologica, con tracce delle antiche popolazioni precolombiane. Ancora, fondamentale che non ci siano attività nei pressi delle risorse idriche. Lo sappiamo bene qui a Puyo, dove abbiamo un giacimento nelle vicinanze delle fonti che danno l’acqua a tutta la popolazione. Infine, è stato ribadito il diritto alla consulta previa per le popolazioni interessate da progetti minerari”.
Il timore, è che ancora una volta tutto resti sulla carta, di fronte agli interessi delle multinazionali. “In realtà – aggiunge con ottimismo mons. Cob – la mediazione della Chiesa è stata molto importante e il suo ruolo sarà quello di garantire e verificare che il contenuto degli accordi venga realizzato dal Governo entro novanta giorni. I tavoli tecnici di dialogo, con il contributo della Conferenza episcopale, dell’Università Cattolica e Politecnica salesiana, e dello stesso Consiglio episcopale latinoamericano sono già iniziati”.
La valutazione complessiva del vescovo, su quanto accaduto, è positiva, pur dentro alla durezza di una protesta che ha paralizzato il Paese e causato morti (pare otto) e feriti: “Il giudizio finale è positivo, su di esso pesa certamente l’importanza della mediazione da parte della Chiesa, nel momento in cui la situazione rischiava di precipitare. Ma la protesta degli indigeni aveva delle motivazioni, non si poteva andare avanti così. Il popolo indigeno ha reclamato dei diritti che erano stati dimenticati dal Governo, l’Amazzonia in questi anni è stata dimenticata. Importante l’attivazione di tavoli di dialogo, non solo a Quito, ma anche a livello territoriale, Possiamo dire che oggi celebriamo la vittoria di chi cerca la pace, difende la giustizia e lavora per l’unità”.

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