Ucraina: don Ladnyuk (salesiano di Dnipro), “la gente chiama da Lysychansk ma non possiamo più fare niente per loro”

(Foto don Oleh Ladnyuk)

“Purtroppo ancora ieri ho ricevuto telefonate da Lysychansk di persone che mi chiedevano se potevo aiutarle ad uscire dalla città ma purtroppo ho dovuto rispondere che non possiamo fare niente per loro. La strada ormai è troppo pericolosa. Se la percorri, ti sparano al cento per cento”. È la prima cosa che don Oleh Ladnyuk, sacerdote a Dnipro e cappellano militare, impegnato a portare aiuti umanitari nelle città del Donbass, racconta questa mattina al Sir. Dopo settimane di duri scontri, le forze di Kiev si sono ritirare da Lysychansk, città nella regione orientale ucraina di Luhansk (nel Donbass) e una delle ultime della zona non ancora sotto il controllo russo. È stato il ministro della Difesa di Mosca in persona, Serghei Shoigu, a riferire al presidente Vladimir Putin che le forze russe “hanno conquistato la città di Lysychansk”, e di conseguenza l’intero Lugansk. “Sì, è vero”, dice da Dnipro il sacerdote salesiano. “Lysychansk l’abbiamo lasciata. Basta. I nostri soldati sono usciti perché era troppo alto il pericolo di perdere gente sia militari sia civili. Avevano preso le due principali strade che collegano la città e non volevano ripetere quello che è successo a Mariupol. Per questo motivo, si è deciso di arretrare. Ma si sapeva. Quello che è successo però, non è una vittoria”. Don Oleh è stato a Lysychansk qualche giorno fa. “È una città deserta, completamente vuota”, racconta. “La gente che è rimasta è pochissima, per maggioranza sono anziani. Di 100mila abitanti, prima della guerra, sono rimasti circa 10mila. Sono per lo più persone di nazionalità russa o filorussa. Tutti i giovani invece sono riusciti a uscire”. I collegamenti stradali erano difficili già qualche giorno fa. “La strada principale che collega Lysychansk è stata tagliata già tre settimane fa e non si poteva più fare”,  racconta don Oleh che dall’inizio della guerra, quelle zone le ha percorse avanti e indietro per portare aiuti e evacuare le persone. “Qualche giorno fa, per esempio, nostri volontari si sono sbagliati ed hanno preso quella strada. Hanno visto per strada tanti soldati russi morti e gli hanno anche sparato. Per fortuna sono riusciti ad uscire vivi. Di altri che hanno percorso quella stessa strada, invece non sappiamo cosa è successo. Per questo abbiamo fino ad oggi raggiunto Lysychansk per un’altra strada, meno pericolosa. Ma anche quella via è continuamente bombardata e devi guidare molto velocemente per non essere attaccato”. Le persone però continuano a chiamare. “Non c’è collegamento telefonico. Sono riusciti a collegarsi con un familiare che poi ha trasmesso la richiesta di aiuto”, spiega il sacerdote. “Un mese fa, tutti i collegamenti sono stati tagliati. La prima cosa che i russi bombardano sono le antenne che trasmettono televisione, radio e telefonia mobile. E poi distruggono tutto quello che possono, anche obiettivi che permettono la sopravvivenza della popolazione”. Ieri, in serata, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo tradizionale discorso serale ha voluto rassicurare il suo popolo annunciando che le truppe ucraine torneranno a Lysychansk. “Non solo Lysychansk”, dice convinto don Oleh. “Ma tutte le città occupate dalla Russia. L’Ucraina lotterà per riprenderle. Mariupol, Kherson”. Intanto il salesiano è già pronto per ripartire. “Ho il pulmino carico di aiuti e domani raggiungerò di nuovo le città vicine alla linea del fronte”.

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