Morte Diana: Griffini (Aibi), “il suo sacrificio non sarà vano se consideriamo l’azione come un diritto assoluto di tutti i bambini abbandonati”

“Sono passati ormai diversi giorni dalla tragedia della piccola Diana, la bambina di 18 mesi morta dopo essere stata lasciata da sola in casa per 6 giorni. Come ogni genitore, anche io ho pianto davanti a questo dramma che ha sconvolto per la sua crudezza le coscienze di tutta la nostra società”. A parlare è Marco Griffini, presidente di Aibi-Amici dei Bambini, che confida: “Ho una nipotina (la settima) della stessa età della piccola Diana e rifuggo al solo pensiero che anche lei possa provare, fosse anche per un istante, un infinitesimo di ciò che è accaduto a Diana. Dicono che i bambini piccoli non capiscano ciò capiti loro intorno; ma, purtroppo, non è così. Lo sappiamo bene noi di Aibi, che da 40 anni giriamo gli orfanotrofi di tutto il mondo e conosciamo la tremenda ‘fame di mamma’ che attanaglia il cuore e l’anima di ogni bambino, anche di coloro – seppure ciò sconfini nel ‘mistero’ – che una mamma non l’hanno mai conosciuta”.
Cosa avrà passato Diana in quei tremendi, lunghissimi, infiniti sei giorni? “Rabbrividiamo. E la ragione stessa si rifiuta di indugiare nel pensarci, tanto è terribile questa vicenda”, osserva Griffini, che si chiede: “Quante ‘piccole Diana’ ci sono nel mondo?”. E “quante bambine e quanti bambini stanno vivendo il tremendo dramma dell’abbandono nel silenzio generale? Quanti di loro stanno ‘morendo nel cuore’ divorati, sfiniti, terrorizzati dalla ‘fame di mamma’ che non trova nutrimento?”.
Di fronte alla morte di Diana “gli interrogativi si accavallano e tutti proveranno ad avere la loro risposta pronta”, ma, ricorda il presidente di Aibi, “i bambini non sono proprietà assoluta di chi li ha messi al mondo; appartengono a se stessi e al loro sacrosanto ‘diritto di essere figli’. Ovunque e comunque. Al di là del loro stesso sangue. E, invece, schiavi come siamo della cieca cultura della ‘sacralità’ della famiglia d’origine, del tentare a tutti i costi di mantenere una relazione con i genitori naturali, anche quando questa non c’è mai stata o è stata definitivamente compromessa, a quanti drammi ancora dovremo assistere impotenti?”.
“Non è forse arrivata l’ora di considerare queste bambine e bambini abbandonati, di fatto delle ‘vere persone’ dotate di una loro precisa identità, definita, assolutamente esclusiva; titolari del sacrosanto diritto di chiedere a noi, membri di una società che continuiamo a definire civile, la soddisfazione della loro ‘fame di mamma’?”, sostiene Griffini, per il quale “bisogna arrivare a considerare l’adozione, finalmente, come un diritto assoluto e incondizionato di tutti i bambini abbandonati, al di là di ogni barriera etnica, sociale, culturale”.
“Se ci fermassimo, anche solo un attimo, a considerare questa possibilità, il sacrificio della piccola Diana non sarà stato vano”, conclude Griffini.

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