Diocesi: Milano, nuova veste per il mensile “Il Segno”. Mons. Delpini su accoglienza ucraini, “questi profughi sono percepiti come più vicini a noi”

“Il legame con il vasto territorio della diocesi e lo sguardo proteso in avanti verso i cambiamenti del mondo in cui viviamo”. Sono le “due linee portanti” indicate dal neo direttore don Fabio Landi, per il rinnovato mensile ambrosiano Il Segno, presentato oggi a Milano alla presenza dell’arcivescovo Mario Delpini. Landi ha ringraziato don Giuseppe Grampa, alla guida della rivista per 23 anni. Quindi ha affermato: “desideriamo che Il Segno sia sempre di più segno di comunione e di legame tra i diversi luoghi e le diverse esperienze di Chiesa della nostra diocesi. In un tempo in cui gli spazi sono contesi e difesi, invasi e protetti perché altri ne siano esclusi, abbiamo più che mai bisogno di spazi da condividere, nei quali sentirci a nostro agio nel prendere la parola e gratificati nell’ascoltare gli altri”. D’altra parte, “oggi ci si sente spesso disorientati, persi. Abbiamo bisogno di aiutarci tutti insieme a trovare il segno di una possibile coerenza, come una specie di segnale stradale che indichi un percorso, cioè una direzione e un senso, per non girare a caso”.
Durante la conferenza stampa di presentazione l’arcivescovo Delpini ha dialogato con i giornalisti anche sui temi di stretta attualità. “L’accoglienza” dei profughi ucraini “non sia solo soccorso per le emergenze, ma soprattutto futuro da costruire per dare volto alla città di domani”. Nel suo intervento, l’arcivescovo ha sottolineato l’importanza del rinnovamento della rivista diocesana: “Si rivolge a gente che cerca nel quotidiano ‘segni’ per non disperare dell’umanità e diffida dell’informazione finalizzata a sedurre e a vendere, invece che a rendere più desiderabile la vita e più abitabile la terra. Presento Il Segno come uno strumento per gente che vuole essere pensosa, senza pretendere d’essere esperta, che vuole essere informata sulla terra che abita, su quello che avviene nelle comunità cristiane, sui gemiti e le speranze di questo popolo numeroso, fiero di essere ‘di Milano’, e di portare qui sapienza di popoli, domande ed energie di altri continenti. Una voce per la Chiesa dalle genti”.
Allargando lo sguardo alla visita pastorale che, iniziata lo scorso 13 gennaio, lo sta portando a incontrare tutte le parrocchie di Milano, Delpini ha aggiunto: “Nei miei incontri cerco di ritrovare i segni del Vangelo che si fa storia, istituzione, iniziative pastorali e solidali. Noto però che la Chiesa e il Vangelo sono spesso ritenuti non interessanti e mi chiedo perché. Vorrei fare intravedere tracce di un umanesimo della speranza”.
Alla domanda sulle fatiche e i segni di speranza nella Milano che sta uscendo dalla pandemia l’arcivescovo ha risposto: “Preoccupante il problema dell’emergenza educativa. L’abbandono della scuola o dell’oratorio può sfociare in depressione, bullismo. Riscontro, inoltre, nelle fasce della popolazione più adulte una lentezza nel tornare alla vita di comunità e alle celebrazioni in presenza. Tra i segni incoraggianti vedo una carità operosa e intelligente che riguarda tutte le situazioni di vita. Nei consigli pastorali incontro tanta gente che ha a cuore la propria comunità. A volte però vedo poco entusiasmo, quasi più una tenacia della sopravvivenza che uno slancio della missione”.
Infine, tornando alla disponibilità all’accoglienza dei profughi ucraini manifestata da tante parrocchie e famiglie della diocesi, sotto il coordinamento di Caritas Ambrosiana, l’arcivescovo ha concluso: “C’è un tessuto sociale più ben disposto all’accoglienza rispetto ad altre ondate migratorie. Forse perché questi profughi sono percepiti come più vicini a noi, non solo per motivi geografici: curano e assistono i nostri anziati e malati”.

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