Argentina: vescovi dopo accordo con Fmi, “quello sociale è il grande debito del nostro popolo”

Durante la grande crisi di vent’anni fa in Argentina, Papa Giovanni Paolo II fece sentire la propria voce, denunciando il circolo vizioso in cui rischiava di cadere l’economia argentina e di altri Paesi. “Tocca a noi, 20 anni dopo tornare al fatto compiuto di un altro debito straordinario che ci condiziona e pone serie sfide. Come impedire che il suo riconoscimento condanni milioni di connazionali alla fame e alla miseria? Come farlo senza sacrificare la crescita economica, gli investimenti pubblici e l’attenzione ai più bisognosi?”. Sono gli interrogativi posti nel documento “Il debito estero e i debiti sociali” dalla Commissione episcopale per la Pastorale sociale della Conferenza episcopale argentina, in seguito all’accordo tra Governo e Fmi sulla ristrutturazione del debito.
Quello sociale, “è il grande debito degli argentini, non è solo un problema economico o statistico. Dietro le statistiche ci sono volti e storie di sofferenza e di lotta per sopravvivere. È soprattutto un problema etico che ci tocca nella nostra dignità più essenziale”. Conclude la Commissione episcopale: “Ci auguriamo che nell’affrontare la questione del debito estero, il nostro Paese voglia essere protagonista del proprio destino di definire il proprio sviluppo culturale, civile, sociale ed economico, così da poter costruire e rafforzare un modello che abbia come suo asse centrale la produzione e il lavoro”. E questo “deve implicare che la casa comune – cioè, in questo caso, la nostra Nazione – non può essere ipotecata in tal modo, senza il consenso necessario e senza l’assunzione di nuove responsabilità”.
Per tutte queste ragioni, la Chiesa argentina esorta ad “approfondire le azioni con l’impegno di tutta la dirigenza politica e sociale, basandosi sull’etica della solidarietà, dell’educazione e del dialogo sociale, dando priorità agli incontri nei vari ambiti, al lavoro degli argentini, alla dignità delle famiglie e alla crescita economica. Un modello basato sulla produzione e sull’economia sociale, come condizioni essenziali per un’economia dal volto umano che, saldando il debito sociale, possa onorare i propri impegni con il debito estero, privilegiando la tutela dei più vulnerabili”.

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