Carceri: card. Parolin, “riguarda tutti noi, e non soltanto una parte della società”

“In una società che ha perso la capacità di perdonare e di riscoprirsi unica famiglia, di prendersi cura degli altri e di chinarsi sulle ferite, forse un libro sul carcere – scritto e letto in un’ottica cristiana – è necessario e doveroso”. Lo scrive il Segretario di Stato vaticano, il card. Pietro Parolin, nell’introduzione al libro “Come è in cielo, così sia in terra. Il carcere tra giustizia, perdono e misericordia”, in libreria dal 20 ottobre per le edizioni Paoline. Il libro – un colloquio tra due giornalisti, Agnese Pellegrini, del Gruppo editoriale San Paolo, e Stefano Natoli, con padre Vittorio Trani, cappellano di Regina Coeli da mezzo secolo – è una sorta di diario del carcere e sul carcere che fa capire il senso profondo della giustizia e della pena.
Il cardinale osserva che, “spesso, chi commette un reato lo fa perché c’è tutta una realtà distorta attorno a lui, che andrebbe ricostruita”. “Frequentemente, i detenuti provengono da situazioni di povertà sociale, materiale, economica, spirituale – aggiunge -. Ciò non rende meno grave il crimine commesso, ci mancherebbe. Ma questa consapevolezza interroga noi, soprattutto noi cristiani, su che cosa abbiamo fatto per evitare a quell’uomo di sprofondare nelle proprie miserie; su quanto ci siamo sporcati le mani; su come siamo stati capaci, al pari della Veronica, di asciugare il volto di quell’uomo e quella donna che salivano il monte del proprio Calvario. Se sapremo rispondere a queste domande, allora scopriremo che il carcere riguarda tutti noi, e non soltanto una parte della società, la peggiore, quella che alcuni vorrebbero chiudere per sempre, e buttare poi la chiave. Il carcere riguarda noi perché l’uomo non è il suo peccato, né il suo reato; riguarda noi, perché siamo i custodi dei nostri fratelli; perché nessuno si salva da solo”.
In questo libro, scrive ancora il card. Parolin, “volti e nomi, storie e paure in queste pagine si susseguono: sembra quasi di vederli, questi detenuti, con i loro sbagli, i loro errori, ma anche con la loro voglia di ricominciare, di tornare a sperare”. Per questo, il libro propone percorsi concreti e condivisibili: perché la pena deve essere certa, ma soprattutto giusta ed efficace.

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