Terme Luigiane: mons. Bonanno (San Marco Argentano-Scalea), “non serve un assistenzialismo passivo che non crea lavoro ma dipendenza”

“Chiudere un’azienda sana non sarebbe degno di una terra generosa e forte, che vuole riscattarsi da secoli di mortificazione ed affrontare in futuro non solo la pandemia dilagante ma altri virus sociali che minano la speranza civile dei calabresi”. È quanto ha scritto mons. Leonardo Bonanno, vescovo di San Marco Argentano-Scalea, a seguito degli accordi tra le parti istituzionali che hanno scongiurato la chiusura delle Terme Luigiane, nel territorio di Guardia Piemontese (Cs). Il presule si è detto “rincuorato”, ma “benché non sia chiamato a fornire soluzioni tecniche ai problemi sociali del suo territorio”, ha rilevato “con rammarico il verificarsi di periodiche crisi in un settore, che vede la presenza di migliaia di fruitori delle Terme, dalle acque salutari rinomate anche oltre regione, una risorsa naturale in un contesto ambientale e paesaggistico invidiabile”. Richiamando il magistero della Chiesa e quello in particolare di Papa Francesco in tema di lavoro, mons. Bonanno ha evidenziato che “non serve un assistenzialismo passivo, monetario, con l’impiego di decine di milioni che non creano lavoro ma dipendenza”, ma “occorre cambiare l’attuale tendenza del capitale orientato all’incremento della produzione e del reddito”. Per il vescovo, le imprese devono poter “accedere a una visione più ampia del mercato, con la garanzia di durata nella concessione e con respiro europeo, trovando i capitali disponibili”. “La Regione Calabria – ha chiosato mons. Bonanno – potrebbe attraverso la sua Finanziaria (la Fincalabra, finalmente attiva) accedere ai fondi europei o si potrebbe attuare un azionariato pubblico: altrimenti sappiamo dove si possono trovare i capitali in una terra piagata dalla mafia!”.

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