“Gaza City, l’ultimo rifugio per le famiglie nel nord della Striscia di Gaza, sta velocemente diventando un luogo dove l’infanzia non può sopravvivere. È una città di paura, fuga e funerali”. Lo dice oggi Tess Ingram, Communication Manager dell’Ufficio regionale Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa, da Gaza, aggiungendo che “il mondo sta lanciando l’allarme su ciò che potrebbe comportare un’intensificazione dell’offensiva militare a Gaza City: una catastrofe per circa un milione di persone che ancora vi risiede. Sarebbe una tragedia inimmaginabile e dobbiamo fare tutto il possibile per impedirla. Ma non possiamo aspettare che l’inimmaginabile si sia verificato per agire”. A Gaza City il rappresentate Unicef ha incontrato diverse famiglie che sono fuggite dalle proprie case per paura – già sfollate, ora sfollate di nuovo – arrivando “con nient’altro che i vestiti che indossavano”. E poi bambini che “sono stati separati dai loro genitori in quel caos. Madri i cui figli erano morti di fame. Madri che temono che i loro figli saranno i prossimi. Ho parlato con bambini ricoverati in ospedale, i loro piccoli corpi lacerati dalle schegge. Questo scenario impensabile non è imminente: è già realtà. L’escalation è in corso”.
Solo 44 dei 92 centri di trattamento nutrizionale ambulatoriale sostenuti dall’Unicef a Gaza City sono “ancora funzionanti, privando migliaia di bambini malnutriti di oltre la metà delle risorse vitali da cui dipendono per combattere la carestia”. “La storia è sempre la stessa: una ciotola al giorno dalla mensa comunitaria, quasi sempre lenticchie o riso, condivisa tra i membri della famiglia, con i genitori che saltano i pasti affinché i bambini possano mangiare. Nessuna sostanza nutritiva. Nessun’altra opzione: gli aiuti sono scarsi e il mercato è troppo costoso. Senza un accesso immediato e maggiore al cibo e alle cure nutrizionali, questo incubo ricorrente si aggraverà e sempre più bambini moriranno di fame. Un destino che è del tutto evitabile”. L’Unicef è presente e sta “rispondendo all’emergenza, fornendo aiuti e servizi da nord a sud. Stiamo combattendo la carestia: solo nelle ultime due settimane abbiamo fornito ai nostri partner una quantità sufficiente di alimenti terapeutici pronti all’uso (Rutf), il principale trattamento per la malnutrizione fra i bambini, per curare oltre 3.000 bambini con malnutrizione acuta nel corso di un trattamento della durata di sei settimane”. L’Unicef chiede a Israele di “rivedere le sue regole di ingaggio per garantire la protezione dei bambini, come previsto dal diritto internazionale umanitario”. E ad entrambe le parti di “proteggere i civili, compresi quelli soggetti a ordini di evacuazione: le persone devono essere libere di spostarsi in luoghi sicuri, ma non devono mai essere costrette a farlo. Di proteggere le infrastrutture essenziali, compresi ospedali, rifugi, scuole e sistemi idrici, dagli attacchi. E di ripristinare il cessate il fuoco. E, infine, alla comunità internazionale, in particolare agli Stati e alle parti interessate che esercitano influenza, di usare la loro influenza per porre fine a tutto questo. Se non ora, quando? Perché il costo dell’inazione si misurerà in vite di bambini sepolti dalle macerie, malnutrite a causa della fame e messe a tacere prima ancora di aver avuto la possibilità di parlare.
L’inimmaginabile a Gaza City è già iniziato”.