Ucraina: il vescovo di Padova e abati benedettini, “la pace non si persegue facendo la guerra”

“Il rischio è desiderare la pace scegliendo il paradosso di perseguirla facendo la guerra. La pace non può mai darsi per garantita, né per scontata, ma richiede di vigilare e lavorare costantemente per essa. Va costruita giorno per giorno in noi stessi e nella comunità a cui apparteniamo”. Lo afferma il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, in un messaggio scritto insieme agli abati e all’abbadessa dei monasteri benedettini presenti in diocesi, ossia i monasteri di Santa Giustina (dom Giulio Pagnoni), Praglia (dom Stefano Visintin) e San Daniele (madre Maria Chiara Paggiaro), in occasione della festa di San Benedetto, abate e patrono d’Europa, che si celebra l’11 luglio. Un messaggio scritto a più mani “portatore di un grande desiderio di pace”. Pax infatti è un motto benedettino e “pacis nuntius”, messaggero di pace, è uno dei titoli di San Benedetto che San Paolo VI ricorda nell’omonima lettera apostolica con la quale il 24 ottobre 1964 dichiarava il Santo da Norcia patrono d’Europa. “Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina stiamo percependo il valore della pace in modo ancora più urgente e vitale – scrivono -. Quando le guerre sono lontane, si può far finta di niente e si può parlare di pace senza coglierne a pieno il significato e la portata. In questi mesi non è così: la guerra è vicina a noi e stiamo comprendendo che creare pace è un processo molto complesso”. “Volere la pace e operare per la pace sono passi diversi – affermano -. Come ci ricorda il Vangelo, ‘beati’ sono gli operatori di pace (Mt 5,9) e non quelli che semplicemente la desiderano senza operare in loro e fuori di loro per costruirla”. La cura della pace, proseguono, “richiede l’esercizio delle virtù e il concorso di più virtù. Richiede cioè di lavorare in noi stessi e su noi stessi, per acquisire innanzitutto l’umiltà, la mitezza e la pazienza; richiede la conversione interiore di ciascuno, presupposto per il perseguimento della pace sociale, se non si vuole, anche inconsapevolmente, adoperarsi per sostenere conflitti nascosti o addirittura guerre aperte. Operare per la pace è inseparabile dall’operare per la virtù della giustizia, per l’eticità delle soluzioni proposte, per la riconciliazione proattiva tra le parti che si contrappongono. Operazione non facile: siamo consapevoli che tutto questo ci espone alle reazioni di quanti vedono solo se stessi, le proprie ragioni e i propri interessi. Per questo se si sceglie la pace, è necessario crescere nella virtù del coraggio fino a saper affrontare, in modo pacifico, la viltà della guerra”.

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