Biennale di Venezia: Russo (Dap), “grande adesione delle detenute, per loro scatteranno benefici penitenziari”

“Il carcere è un luogo inaspettato, ma dove l’attesa è una condizione permanente”. Lo ha detto Giovanni Russo, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, intervenuto alla presentazione, in sala stampa vaticana, del padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia, visitabile dal 20 aprile al 24 novembre nel Carcere femminile della Giudecca, luogo che sarà visitato anche dal Papa il 28 aprile. “Il nostro compito – ha proseguito Russo descrivendo l’emozione provata alla notizia della visita di Francesco, primo papa a visitare la Biennale – è quello di aiutare i detenuti, in questo caso le detenute, a ricostruire il proprio vissuto dopo gli errori che, per svariate ragioni, sono stati compiuti nella loro vita precedente. Le detenute sono state chiamate non solo ad ospitare, ma anche a collaborare attivamente alla costruzione del Padiglione, e ciò ha avuto un importante ruolo riparativo, un modo per vivere in concreto la generosità, la solidarietà, e tutti quei valori che sono tipici del cristianesimo e che loro nella loro vita passata avevano per ragioni diverse calpestato”. “Trovare un luogo che sia già in sé un messaggio”: è questa, per Bruno Racine, curatore del Padiglione, la prima sfida che si è dovuta raccogliere per il Padiglione della Santa Sede, allestito alla Giudecca che prima di essere un carcere è stato il Convento delle Convertite, e oggi è “il luogo simbolico di una proposta artistica, ma anche relazionale” tra artisti e detenute, a cui il visitatore potrà accedere lungo un percorso guidato dalle detenute stesse: “sarà un’esperienza per gli artisti, le detenuti e i visitatori, che dovranno capire che attraversano un confine, in sintonia con il tema generale della Biennale, ‘Stranieri ovunque’”. Chiara Parisi, curatrice del Padiglione, nel suo intervento, ha parlato della “doppia creatività” degli artisti e delle detenute, che ha portato frutti come un docufilm girato nel carcere, a cui hanno partecipato una ventina di detenute, ed opere ispirate alle foto di famiglia delle recluse o a poesie scritte da loro. Tra gli artisti che animano lo spazio della Biennale allestito dalla Santa Sede c’è anche Maurizio Cattelan, che 25 anni dopo la sua opera esposta sempre qui alla Biennale del 1999, dal titolo “Mother”, realizzerà un’altra opera ispirata alla figura materna. “Gli artisti sono toccati dall’estrema disponibilità di Papa Francesco”, ha testimoniato Parisi, precisando che sono ottanta le detenute che a titolo volontario collaborano con l’allestimento del Padiglione e fanno da guida ai visitatori. “Sicuramente si apriranno per loro molti benefici penitenziari”, ha assicurato Russo, spiegando che la selezione delle detenute è stata fatta con la direzione del carcere e che si è registrata “una grandissima adesione, con alcune esclusioni solo per motivi sanitari o di sicurezza”.

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