Quaresima: mons. Caiazzo (Matera-Irsina e Tricarico), “la missione è itinerante, in continuo movimento”

(Foto: diocesi di Matera-Irsina)

“Per Gesù la gente non va incontrata solo nei luoghi dove comunemente si ritrova un certo numero di persone, ma in quelli definiti, oggi, periferie esistenziali o geografiche. La missione è itinerante, in continuo movimento. È animata dalla forza dell’amore che mette in cammino quanti sono innamorati dell’Amore. Il cammino di Gesù, andando in tutte le direzioni della Galilea, indica il viaggio della Parola con lui: è il cuore di Dio aperto a tutti”. Lo scrive mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina e vescovo di Tricarico, nella lettera pastorale “Voi uscìte per le strade e andate”, rivolta ai cristiani delle due diocesi, per Quaresima. Lettera che mette al centro l’invito ad “uscire dalle soglie delle chiese per attraversare quelle delle case”.
“Il Maestro è continuamente in cammino nella ricerca di altra umanità che ha bisogno di essere aiutata e guarita, stringendo altre mani, facendosi viandante con altri viandanti”, spiega mons. Caiazzo, che a sacerdoti e laici chiede di ritornare al cuore dell’annuncio cristiano: la Parola di Dio che in Gesù Cristo, morto e risorto, è divenuta una presenza viva che può essere incontrata oggi come accadde duemila fa ai discepoli di Emmaus. “Bisogna uscire dall’ambiguità di essere un buon cristiano o un bravo prete perché si compiono tante opere buone a favore degli altri e all’interno della parrocchia – osserva il presule –. Bisogna acquisire e vivere la sintesi che intercorre tra fede e vita. Dalla fede che si professa e che si vive scaturisce per ognuno un agire e operare nella vita di ogni giorno (nel sociale, nella politica, nella cultura). La fede ispira modelli e azioni diversi in base a doni, carismi e capacità di ognuno. Nessuno occupa un posto fisso nella Chiesa: tutti a servizio e per il bene delle anime e non per esaltare se stessi. Tutto per amore di Cristo e della sua Chiesa in quell’obbedienza che si è chiamati a vivere imparando da Gesù che ascolta la voce del Padre, fino all’immolazione: ‘Non come voglio io, ma come vuoi tu’ (Mt 26,39)”.
L’arcivescovo chiarisce: “La verità è che la nostra non è più una ‘società cristiana’!”, ma “questo non significa che Gesù Cristo e il Vangelo non interessano più. Ciò che manca è la credibilità di un annuncio fatto per contatto personale, di testimonianza, di condivisione, di trasparenza. Far ardere il cuore, come i discepoli di Emmaus, per osare con la proposta del Kerigma”. Di qui l’invito: “Siamo preti e laici posseduti e abitati dalla speranza che non può morire, perché il Dio di Gesù Cristo ci sorprende e vuole che troviamo in noi, attraverso Lui, i motivi e le spinte per rinnovarla e contagiarla”.

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