Libia: p. Zerai (Habeshia), “situazione nei campi di detenzione non è più tollerabile”. “Vengano evacuati e l’Ue lanci un serio programma di reinsediamento”

“La situazione in Libia non è più tollerabile, molti profughi” che “tentano la fuga” dai centri di detenzione “spesso vengono uccisi, se presi vivi subiscono violenze indicibili”. È quanto denuncia oggi don Mussie Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia, che continua a ricevere “suppliche dai profughi intrappolati nei centri di detenzione spesso trasformati in dei veri lager nelle varie località libiche come a Kums, Zawiya, Tripoli, Zelatien, Misurata, Sebha, Kuffra”. “Persone provenienti dall’Africa Sub Sahariana, eritrei, etiopi, sudanesi, somali – spiega il sacerdote – vittime di soprusi, abusi da parte dei gestori delle strutture dove sono trattenuti privati della loro libertà personale, spesso ridotti a fame, ricatto e violenze”. Inoltre, convivono con “condizioni di salute molto precarie” e l’accesso a cure mediche è “appeso” solo alle “sporadiche visite” dei medici delle Ong medici.
“I gestori dei centri di detenzione sono in stretta collaborazione con i contrabbandieri”, ribadisce don Zerai, “che fanno da mediatori con i veri trafficanti di esseri umani, che trattano il prezzo per la vendita del gruppo di profughi detenuti nei centri” e “le persone oggetto di questa trattativa non hanno nessun voce in capitolo sulla loro cessione a gruppi spesso dei veri criminali”. “La soluzione è una sola”, ammonisce: “Evacuare e svuotare tutti centri e lager nel territorio libico trovando un altro Paese che può ospitare temporaneamente i profughi”. L’appello all’Unione europea è quello di “attivarsi per lanciare un serio programma di reinsediamento implementando gli impegni già presi in precedenza quando l’Ue si era impegnata di accogliere 50mila profughi dall’Africa Sub Sahariana”.

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