Supplica Madonna Pompei: card. Sepe, “il Rosario è la preghiera ordinaria dei tempi difficili” come quelli segnati dal coronavirus

Nello sconvolgimento prodotto dal coronavirus “i nostri passi non potevano che dirigersi verso il porto sicuro della casa di Maria e abitarla da figli, sapendo che tra le sue mura c’è tutto quel che serve. E che tutto è a portata di cuore”. Lo ha detto, stamattina, il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e presidente della Conferenza episcopale campana, nell’omelia della messa, celebrata nel santuario di Pompei, che precede la supplica alla Beata Vergine del Rosario.
“Questa è la casa” di Maria, ma “anche la scuola di preghiera, di cui il Rosario è ‘cattedra’ umile che porta lontano”, ha evidenziato il porporato. “Ogni preghiera va al di là del tempo, ma il Rosario parla a giorni come questi con la sua voce tenera e accorata che esprime insieme dolore e speranza, angoscia e attese. È la preghiera ordinaria dei tempi difficili e, dunque, è parte di questo tempo di emergenza in cui, per una condizione così largamente condivisa, prende forma, l’immagine di una famiglia umana”.
Per il cardinale, “è il Rosario stesso a richiamare, con forza, l’immagine della famiglia. Tanto più in questa nostra terra dove il Rosario è stato, e largamente continua ad essere, di casa, proprio come Pompei, faro autentico e riconosciuto della spiritualità della nostra regione”. Ma, ha avvertito, “siamo qui, oggi, nel luogo e nel posto giusto anche per rinnovare il nostro impegno, e quello di tutta la Chiesa campana, per una solidarietà senza riserve e senza risparmio: a piene mani e vorrei dire soprattutto a pieno cuore: perché è questo il tempo in cui la Chiesa si sente compromessa”. Infatti, “questa emergenza ci pone non solo davanti a tempi difficili, ma anche a domande inquietanti, alle quali non è più possibile negare risposte”. Allora, è stato l’invito, “non possiamo che chiedere alla Vergine del Rosario di illuminarci lungo questo difficile cammino, affidando al suo cuore di Madre le nostre famiglie, i nostri giovani, inostri malati, il nostro lavoro”.

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