Africa: locuste distruggono raccolti, in vista catastrofe umanitaria. In Kenya la situazione per ora più drammatica

(Foto: Archivio Missioni Don Bosco)

Locuste. Mentre mezzo mondo combatte contro Covid-19, un’altra parte del pianeta deve fronteggiare un’invasione – davvero biblica –, di locuste. Una situazione che sta passando quasi inosservata, ma che potrebbe avere conseguenze disastrose. Il caso è sollevato dalle Missioni Don Bosco, il cui portavoce, Antonio Labanca, spiega: “Nella quasi totale indifferenza si sta preparando una vera catastrofe umanitaria”.
Teatro della vicenda, adesso, è il Kenya, Paese dove sono già state colpite 20 contee nelle quali le locuste stanno distruggendo i campi generando una forte inflazione dei prezzi dei prodotti alimentari. Labanca afferma: “Dopo l’epidemia virale, ci toccherà l’emergenza umanitaria di milioni di persone fra Kenya e Uganda, lungo un arco che corre parallelo allo svilupparsi del Corno d’Africa. Somalia, Etiopia, Eritrea, Sud Sudan e Sudan integrano la lista dei Paesi colpiti dall’invasione delle locuste di questi mesi”.
L’invasione di questi insetti è iniziata dallo Yemen e si è estesa attraversando aree desertiche e la striscia di mare che lo separa dal continente africano “in un crescendo – viene spiegato adesso –, esponenziale al quale non è stato possibile opporre alcuna valida resistenza”. “In Kenya  dice ancora Labanca –, dove sono installate le imprese multinazionali di produzione alimentare per l’esportazione, lo Stato ha lasciato i contadini a se stessi. I raccolti, che servono a sfamare le famiglie e ad alimentare i piccoli mercati locali, sono stati consumati in poche ore”. Anche i rimedi, come l’uso di prodotti chimici dall’alto, “si sono rivelati deleteri a più lunga scadenza – sottolinea Labanca – in quanto distruggono ogni tipo di insetto, compresi quelli utili all’uomo, api in testa, mentre le locuste ormai si sono selezionate per resistere a questi agenti chimici”. Sempre parlando del Kenya, poi, il portavoce di Missioni Don Bosco sottolinea: “Dalle campagne alle città gli effetti si fanno sentire, per ora, sulle classi deboli. La gente che vive nelle baraccopoli, che non ha stipendi e non accede ai negozi del centro città, avverte già forte la difficoltà di accesso al cibo. I più avveduti fra gli intellettuali prevedono una catastrofe alimentare in Kenya che arriverà addosso senza essersi preparati a far qualcosa. Alla scarsità alimentare là si aggiunge la mancanza di igiene, senza parlare delle cure mediche riservate solo a chi riesce a trovare i soldi che le permettano”.
E, mentre l’Unione Europea ha già stanziato l’equivalente di poco meno di 1,2 miliardi di scellini kenioti per far fronte alle prime esigenze, a complicare tutto, poi, ci si è messa anche la situazione istituzionale e politica del Paese. “Insieme con la classe politica – precisa ancora Labanca –, anche quella economica e quella culturale sfruttano esclusivamente a proprio beneficio le risorse del Paese: persino molte organizzazioni religiose a loro modo giocano una parte decisiva per tenere la gente nell’arretratezza che porterà presto alla fame. Anche la voce della Chiesa cattolica è soffocata da questo intreccio”.

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