Fratelli tutti: Squillaci (Fict), “siamo tutti chiamati ad essere artigiani dell’inclusione”

“Se pensiamo alle politiche delle nostre città, ai servizi verso i cittadini più deboli e fragili”, provando “a farlo attraverso le chiavi di lettura dell’enciclica”, “non potremo più limitarci a percorsi meramente assistenziali, diritti sociali che appaiono come concessioni, come un lusso che non sempre ci si può permettere”. È una riflessione di Luciano Squillaci, presidente della Fict (Federazione italiana comunità terapeutiche), a partire da “Fratelli tutti” di Papa Francesco.
“Stare vicino ad una persona che soffre, accoglierla ed accudirla è una forma meravigliosa di carità, ma, ci ricorda Francesco, è carità anche eliminare le cause della sua sofferenza”, prosegue Squillaci evidenziando che si tratta della “carità politica”, “quella buona politica” che “è tesa a superare mentalità individualistiche ricercando ‘vie di costruzione di comunità nei diversi livelli della vita sociale’”.
Ma chi è tenuto a fare politica? “Siamo tutti chiamati ad essere artigiani dell’inclusione, puntando al pieno e concreto riconoscimento della dignità umana di ogni persona – la risposta del presidente della Fict -. Non si tratta di garantire meramente ‘pari opportunità’, scorciatoia spesso utilizzata per giustificare privilegi di alcune classi rispetto ad altre, ma di avere uno Stato ed una società civile capaci di investire nelle fragilità, in percorsi realmente orientati alle persone ed al bene comune”.
Con gli occhi della prossimità, “il vero sviluppo di una comunità coincide con il riconoscimento della dignità umana di ogni suo componente e, di conseguenza, con il pieno godimento di tutti i diritti inscindibilmente connessi a tale condizione”. In realtà, “siamo tutti legati, intimamente connessi nella nostra natura umana, da un filo che non può essere spezzato: se una parte dell’umanità soffre, necessariamente prima o poi, questa sofferenza arriverà a tutti”.
Squillaci conclude: “Le parole del Papa risuonano come monito, in particolare in questo momento di recrudescenza della pandemia, che ci spaventa e ci spinge a rinchiuderci in noi stessi, un momento nel quale è cogente il rischio di lasciare indietro qualcuno, in particolare i più deboli e fragili. Non ci si salva da soli, a ciascuno di noi verrà chiesto conto: dov’è tuo fratello? E sapremo rispondere solo se avremo vissuto sino in fondo la prossimità di cui parla il Papa, se saremo stati capaci di comprendere l’importanza di quel filo che unisce ciascuno di noi, nessuno escluso”.

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