“Occorre apprendere dalla ‘scuola della passione’, l’alfabeto dell’amore, la totalità del dono di sé”. È il monito lanciato ieri da mons. Davide Carbonaro, arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, durante la celebrazione eucaristica nella Domenica delle Palme.
Nella sua omelia, il presule ha sottolineato che “a Gerusalemme, Gesù vi entra per essere ‘l’uomo dei dolori’ (Is 53,11) che ben conosce il patire, che non lo spiega, ma lo vive fino in fondo, fino al dono di sé. Svuotato di tutto, ma non dell’amore, lo moltiplica oltre misura. Eccola la passione di Dio per noi”. “Quella che oggi – ha proseguito – risuona nelle nostre Chiese, quella che si unisce al dolore e alla speranza di ogni uomo e di ogni donna sulla terra. La passione non si spiega, si vive fino in fondo”. “In questi giorni – ha osservato mons. Carbonaro – non abbiamo più parole davanti all’orrore della morte di uomini e donne, di bambini e adolescenti. La crudeltà del dolore e della morte inflitte al giusto Gesù, ritornano nelle decisioni dei potenti senza scrupoli, ostinati a salvare se stessi e il loro potere. Le odierne forme di teocrazia e tecnocrazie, continuano a crocifiggere i piccoli in nome del dominio e benessere di pochi, su una moltitudine sterminata segnata da povertà e ingiustizie. Le recenti decisioni di armarsi per difendere confini, politiche ed economie nazionali, ci fa tornare indietro sui nostri passi e su quelle scelte comuni e profetiche, nate dai deprecabili orrori bellici del passato”. “Quel fragile equilibrio di pace che le nostre generazioni hanno goduto, oggi è messo in discussione ed è in ricatto”, ha rilevato l’arcivescovo, evidenziando che “torna il desiderio antico di salvare se stessi, dominati dall’ansia di protagonismo. Ma lo sappiamo che nessuno si salva da solo”. “Gesù – ha ricordato – rispose a quella tentazione ultima a cui il divisore, il diavolo, aveva dato appuntamento ‘al tempo fissato’ (Lc 4,13), con parole di fiducia e di abbandono, rimettendo nelle mani di un Altro il suo destino: ‘Padre perdona!’”. “Oggi – ha aggiunto mons. Carbonaro – proclameremo queste altissime parole e questo Vangelo di speranza, tra i rumori assordanti della guerra. Davanti a quello spettacolo di odio che può rendere o cinici o misericordiosi. Le intrecceremo ai nostri racconti, alle fatiche del vivere, alle speranze che germogliano dal cuore, per il domani”. “La passione di Gesù – ha sottolineato – non finisce tra le mura delle nostre Chiese, come non finì nel ristretto circondario di Gerusalemme. Gesù morì fuori le mura della città, che uccide i profeti. Tra lo scarto del dolore umano, sempre perdente per la logica del potere. C’è un invito ad uscire, ad essere testimoni dell’amore dato, fino agli estremi confini della terra”. “Gesù – ha concluso l’arcivescovo – non smette anche oggi di essere Dio con noi, mentre l’uomo patisce. Dio, il Dio dei poveri e degli ultimi è solidale con la nostra morte, ed è garante nella sua resurrezione della nostra vita per sempre”.