Giubileo 2025: nel 2024 una mostra di icone russe e ucraine e due mostre dedicate a Chagall e Dalì

“Un’opera d’arte, incontrata nel modo giusto, è una porta spalancata, un varco tra visibile e invisibile, materiale e soprannaturale”. Lo ha detto don Alessio Geretti, curatore della Mostra e collaboratore esterno del Dicastero per l’Evangelizzazione, presentando – in sala stampa vaticana – i quattro eventi di arte espositiva che si svolgeranno quest’anno in vista del Giubileo del 2025, a cominciare – ma non in senso cronologico – dalla nuova edizione della Mostra “Cento presepi in Vaticano”, che quest’anno sarà organizzata non in interazione con una ambasciata, ma con il Comune di Roma, “partner speciale anche per ruolo particolare del sindaco come Commissario straordinario del Giubileo”. A novembre è in programma invece una mostra sulle icone d’Oriente: una ventina di opere provenienti dall’Ucraina, dalla Russia e da vari Paesi del mondo, grazie alla collaborazione tra il Dicastero citato e i Musei Vaticani. “In un mondo in cui siamo continuamente assediati dall’immagine – ha commentato don Geretti – l’ antidoto sono le icone del mondo orientale, che quasi impongono pace, profondità, distacco dal normale genere di immagini figurative che siamo abituati a incontrare, entrando così in una dinamica di simbolismo in ci si gusta la qualità spirituale dell’immagine”. Due gli eventi dedicati a due grandi figure di artisti, rispettivamente tra novembre e gennaio e entro l’estate: Salvador Dalì, probabilmente nella sagrestia del Borromini a Sant’Agnese, e Marc Chagall, nella chiesa di San Marcello al Corso. Del primo, Geretti ha sottolineato come “non si possa annoverare nel mondo cristiano, eppure è stato uno dei pochissimi esponenti del mondo ebraico ad aver esplicitamente riconosciuto il fascino di Cristo”, al centro di alcune delle sue opere. “Dalì non si può certo definire un cattolico regolare – ha proseguito Geretti – ma senza dubbio è stato un uomo più vicino alla fede in Cristo di quello che si potrebbe immaginare: non soltanto per le sue opere esplicitamente di soggetto cristiano, ma proprio per il suo percorso che lo ha avvicinato all’esperienza della fede”.

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