Stupro di gruppo a Palermo: Pellai (psicoterapeuta),”oggi c’è un deserto educativo. Ragazzi vanno educati a diventare uomini veri”

(Foto ANSA/SIR)

Oggi assistiamo ad un “deserto educativo, in particolare nei confronti dei nostri figli maschi, privi di accompagnamento nel percorso di maturazione emotiva, affettiva, sentimentale e sessuale”, a fronte di un modello maschile “predatorio” sostenuto dal dilagare del porno anche tra i giovanissimi. È l’allarme lanciato in un’intervista al Sir da Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il dipartimento di Scienze biomediche dell’Università degli studi di Milano, e scrittore. Con riferimento allo stupro di gruppo di Palermo, Pellai sottolinea la “fortissima adesione ad un modello predatorio” in ambito sessuale. Del resto, spiega, “gran parte dell’educazione sessuale dei nostri ragazzi avviene attraverso la pornografia, terreno nel quale non esiste l’intimità ma solo l’eccitazione che porta alla predatorietà del corpo dell’altro per il proprio esclusivo piacere. Un porno sempre più violento, come dimostrano i video spesso condivisi sulle chat di adolescenti e pre-adolescenti anche di 12-13 anni: scene di violenze, di stupri ed anche pedopornografiche”.
Di qui l’importanza di educare i ragazzi ad essere non “veri uomini”, secondo il diffuso stereotipo, ma “uomini veri”. Anzitutto con “una buona educazione emotiva che permetta al maschio di avere accesso a tutti gli stati emotivi, senza considerare femminili emozioni che mettono in gioco la dimensione della vulnerabilità come tristezza e paura”, e con un’educazione sentimentale “incentrata sul creare relazioni caratterizzate da un attaccamento sano e da una costruzione del noi non come possesso dell’altro, bensì come condivisione di un senso di appartenenza reciproca per una relazione valida e funzionale”. E ancora “una buona educazione sessuale che aiuti i ragazzi a cogliere l’enorme differenza tra fare sesso e fare l’amore, ossia ad usare la sessualità anche per costruire un percorso di intimità; un’intimità responsabile, empatica, rispettosa, condivisa”. Quindi “educare alla cura della vita” sapendo anche parlare della morte, “uno dei tabù in assoluto più rimossi in ambito educativo”. Infine, “imparare che diventare adulti significa coniugare rispetto e responsabilità attraverso il passaggio dall’io al noi. Così l’altro diventa per me qualcuno del quale devo prendermi cura, e la responsabilità si esprime nel sentire che per l’affermazione di me stesso, dei miei bisogni e delle mie libertà entra in gioco l’attenzione anche ai bisogni e alle libertà dell’altro”, conclude Pellai.

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