Myanmar: card. Bo, “la pace è l’unica via”. “Il vescovo è colui che tocca e guarisce le ferite del nostro popolo”

Myanmar, card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon (Foto P. Dawson)

Myanmar, card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon (Foto P. Dawson)

“Viviamo in tempi di grandi sfide. La pace è l’unica via”. Nuovo appello del card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e presidente dei vescovi cattolici del Myanmar, per la pace nel suo Paese, che, a seguito del colpo di Stato del 2021, è vittima di una guerra civile che ad oggi ha provocato oltre 11mila morti in tutto il Paese, decine di migliaia di feriti e milioni di sfollati interni, costretti a vivere in condizioni disastrose, con serie difficoltà a reperire cibo, acqua e medicinali. Il card. Bo che è anche presidente della Federazione della Conferenza episcopale asiatica (Fabc), ha rinnovato l’appello della Chiesa cattolica per la pace in Myanmar in occasione oggi dell’ordinazione episcopale del nuovo vescovo di Pathein mons. Henry Eikhlein, nel sud del Myanmar. “La tentazione oggi è quella di negare le ferite del nostro popolo”, ha detto l’arcivescovo. “Il Vangelo chiama noi, vescovi e sacerdoti, a guardare il mondo con gli occhi di Gesù ferito. La migliore definizione di vescovo in Myanmar si riassume nelle parole: guaritore di ferite”. “Il vescovo del Myanmar è chiamato a toccare e guarire le ferite del nostro popolo inflitte da crisi multidimensionali”. Alla cerimonia era presente anche mons. Andrea Ferrante, incaricato d’affari dal Vaticano per il Myanmar. “Come Gesù che ha percorso circa tre anni del suo ministero spezzando il pane della guarigione, della consolazione e della compassione”, anche oggi il vescovo è chiamato a “spezzare tanti tipi di pane”. “Il pane dei bisogni primari: la nostra gente – dice il card. Bo – ha bisogno di pane vero che plachi la fame”. “Il pane della speranza”: “Quando i giovani perdono la speranza, perdiamo la generazione successiva”. Ricordando infine che la città di Pathein si trova nella regione principale delle migrazioni dalla Birmania, il cardinale parla anche di “pane della sicurezza umana: la diocesi di Pathein è una delle più vulnerabili alla tratta di giovani”. “Come Gesù che fuggì in Egitto, i nostri giovani sono costretti a fuggire nei Paesi vicini. Dobbiamo accompagnarli, non permettere l’esodo. Sono sicuro che con la collaborazione delle Chiese sorelle della regione, ai nostri giovani, sia cristiani che non cristiani, possa essere garantita una vita in dignità”.
Sono soprattutto le diocesi di Loikaw, Pekhon, Hakha, Kalay e Mandalay in altre parti della nazione, prevalentemente cristiane, ad essere prese di mira e colpite dalla guerra civile. Chiese, conventi e istituzioni religiose sono diventate il bersaglio principale di attacchi aerei e bombardamenti da parte della giunta militare al potere. Il rinnovato appello del cardinale è arrivato il giorno dopo l’appello del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che ha invitato i militari a porre fine alle violenze esprimendo profonda preoccupazione per le vittime civili. Secondo la Dichiarazione, sono oltre 18 milioni le persone bisognose di assistenza umanitaria in Myanmar; 2 milioni sono gli sfollati e oltre 15 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare. “Ribadiamo l’appello – si legge nella Dichiarazione – che questo Consiglio ha ripetutamente lanciato sulla necessità di un accesso umanitario completo, sicuro e senza ostacoli a tutte le persone bisognose, anche per garantire che gli aiuti raggiungano i più vulnerabili, comprese le popolazioni etniche e altre minoranze”.

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