Primo maggio: mons. Battaglia (Napoli), “il lavoro è il termometro più sensibile del grado di dignità, rispetto e giustizia di una convivenza civile”

“Senza lavoro non c’è dignità. Senza lavoro perdiamo anche l’identità delle persone. Non c’è giustizia senza lavoro, ma non vi deve essere lavoro senza giustizia. E su questo c’è ancora molto da fare, tanto da lottare. Vi sono diritti che vengono prima del lavoro ma anche il lavoro che non può essere privato di diritti”. Lo ha detto l’arcivescovo di Napoli, mons. Mimmo Battaglia, nella celebrazione della messa allo stabilimento Kimbo, a Melito, per la Festa del lavoro. “Come comunità cristiana non ci tireremo indietro e faremo la nostra parte nella speranza che con le istituzioni e la società responsabile si possa dar vita ad una cordata sociale all’insegna della solidarietà, della giustizia e della pace. Solo così scaleremo insieme questa montagna insidiosa, senza lasciare indietro nessuno, affrettando nella notte l’aurora di un mondo nuovo”, ha aggiunto, sottolineando che “resta, però, drammatica la situazione di molti napoletani che hanno perso o pe’, si dovranno affiancare parole che, pur entrate nel lessico culturale e giuridico, sembravano assodate e si pongono invece come traguardi: ‘solidarietà, sussidiarietà, dignità della persona e della famiglia'”.
Ricordando che la nostra Costituzione inizia così: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, il presule ha osservato che “fondare lo Stato sul lavoro significa ritenerlo costituito non da un ideale superiore, per quanto elevato, ma dall’apporto di tutti i cittadini, da questa rete di base che lo alimenta e lo sostiene. Il lavoro è il termometro più sensibile del grado di dignità, rispetto e giustizia di una convivenza civile; è il volano che sostiene la persona, la famiglia, la società e lo Stato; è la misura della solidarietà e dell’equità, è lo strumento che realizza il bene comune”.
Per mons. Battaglia “la sfida” è “educare alla speranza per educare al lavoro, nella risignificazione dell’azione politica. E allora, chiedo alla Politica di stare accanto alla gente, di ascoltarla, di seguirne i passi, di non tagliare la spesa sociale; non intervenendo adeguatamente nelle ferite aperte, esse non saranno feritoie di grazia ma cancrena sociale, che la camorra, astutamente e perfidamente, utilizzerà per i suoi iniqui scopi! Chiedo alla Politica di stare accanto ai poveri in carne ed ossa, uomini, donne e bambini, volto per volto, nome per nome”. E ha concluso: “La politica deve dimostrare che lo Stato c’è e solo gli investimenti e il lavoro lo dimostreranno realmente. Guardiamo a San Giuseppe lavoratore, come esempio di gratuità, prossimità e fedeltà che ci insegna a fondare la casa, il nostro Paese, come ha fatto lui, cioè sulla solidità della fede e dei valori di giustizia, inclusione, reciprocità e cooperazione, per custodire con amore la famiglia, le città, le nostre terre con tutte le loro ricchezze e risorse. Le nuove strade occupazionali nascano da coscienze rinnovate che sanno spezzare il pane del presente, lottando perché a nessuno manchi il necessario e la dignità!”.

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