Festival Dottrina sociale: mons. Pompili (Verona), “suicido assistivo ed eutanasia sono una scorciatoia”. “La cura è dovere inderogabile”

“Primo compito di qualsivoglia comunità che voglia definirsi civile ancor prima che cristiana, primo compito di un sistema sanitario è assistere e curare e non evidentemente anticipare la morte. Da questo punto di vista il suicido assistivo come ogni forma di eutanasia si rivela una scorciatoia. Il malato è indotto a percepirsi come un peso, a causa della sua malattia, e la collettività finisce per disinvestire nella fase di accompagnamento del malato terminale”. Lo ha affermato questa mattina mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona, aprendo il panel “Aiutare a vivere o a morire? Dalla parte dei più fragili con assistenza domiciliare e cure palliative” nella seconda giornata della XIII edizione del Festival della Dottrina sociale della Chiesa che si terrà fino al 26 novembre presso il Palaexpo Verona Fiere sul tema “Socialmente liberi”.
Il presule ha parlato di questa occasione come di un “tentativo di confronto per conoscere e fare chiare chiarezza” su un tema, quello del fine vita, che è “attuale, in un contesto fortemente tecnologizzato, sul quale vorremmo non allargare la schiera di quanti tendono a semplificare e talora perfino a banalizzare”. “Con grande rispetto e quasi in punta di piedi vogliamo affrontare il tema della vulnerabilità, cifra insita nell’essere umano in una logica di ecologia integrale in ogni essere vivente”, ha proseguito, evidenziando come “la persona si immagina come essere del bisogno: un bisogno che si concretizza nel pianto del neonato, nel disorientamento dell’adolescente, nello smarrimento dell’adulto, nella solitudine dell’anziano, nella sofferenza del malato, nell’ultimo respiro di chi muore”. “Il bisogno è la cifra che identifica l’esperienza umana”, la sottolineatura di mons. Pompili, secondo cui è “essenziale porre l’accento sul dovere inderogabile della cura”. “La vera questione che ci è posta davanti è come immaginare una società che eviti lo scarto e costituisca un cammino di speranza non solo per le persone assiste ma anche per chi se ne prende cura, non lasciando sole le famiglie e rinsaldando il vincolo che ci lega”.

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