Università ecclesiastiche: da oggi una parte dei corsi può essere svolta a distanza

Le Facoltà/Università ecclesiastiche hanno ora la possibilità, con la previa approvazione della Congregazione per l’educazione cattolica, di elaborare ordinamenti degli studi in cui “una parte dei corsi può essere svolta nella forma di insegnamento a distanza”. È quanto stabilisce l’Istruzione della Congregazione per l’educazione cattolica (degli Istituti di studi) per l’applicazione della modalità dell’insegnamento a distanza nelle Università/Facoltà ecclesiastiche, il cui scopo è di “offrire linee guida e norme per l’applicazione della modalità di insegnamento a distanza nelle Facoltà/Università ecclesiastiche”. La didattica – si legge nel testo, che rimanda come riferimento fondamentale alla Veritatis Gaudium di Papa Francesco – può essere in presenza, mediata (in cui l’insegnamento, l’accompagnamento e la valutazione si realizzano attraverso una piattaforma telematica) o “mista” (blendig learning), che consiste “in un processo di insegnamento, di apprendimento e valutazione che si svolge attivando fasi di didattica immediata e altre fasi di didattica mediata”. La modalità di insegnamento a distanza, sia attraverso la didattica mista che con la didattica mediata, presuppone “la promozione e l’instaurazione di relazioni dello studente con i diversi soggetti della comunità accademica”. Le Facoltà ecclesiastiche sono normalmente frequentate da chierici e laici che si preparano per la ricerca, per l’insegnamento, per l’azione pastorale o per svolgere particolari incarichi ecclesiastici: utilizzando la modalità dell’insegnamento a distanza – la proposta dell’Istruzione – le Facoltà ecclesiastiche potrebbero ampliare la formazione accademica per raggiungere coloro che, in un modo o nell’altro, sono inseriti nell’attività di evangelizzazione, come gli agenti pastorali, che vanno “dai vescovi fino al più umile e nascosto dei servizi ecclesiali”; i membri di vita contemplativa e le “periferie umane”, che “comprendono quelle condizioni dell’esistenza segnate dall’emarginazione, dall’abbandono, dal dolore, dalla privazione, dalla perdita di senso e di speranza. I poveri, i malati, gli emarginati, i migranti, gli itineranti, i circensi, gli apolidi, i detenuti, le persone sole e coloro che vivono e lavorano in mare o sulle strade sono i destinatari di iniziative di assistenza, cura e promozione umana, sociale e spirituale”.

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