Lesbo: la Comunità di Sant’Egidio apre il “Ristorante dell’amicizia” e organizza un corso d’inglese per rifugiati

(foto Comunità di Sant'Egidio)

Nonostante la pandemia di coronavirus Covid-19 e le difficoltà legate alla crisi economica, la Comunità di Sant’Egidio ha deciso di portare avanti la missione internazionale nell’isola di Lesbo, dove 150 persone provenienti da tutta l’Europa hanno deciso di trascorrere le loro vacanze con i rifugiati, pagandosi viaggio e alloggio sul posto. “Hanno scelto questa esperienza perché è una testimonianza che potrà far nascere la consapevolezza nei loro Paesi”, le parole al Sir di Massimiliano Signifredi, volontario sull’isola greca assieme ad altre 40 persone tra i quali italiani, ungheresi, spagnoli e 20 polacchi che forse sognano, con la loro testimonianza diretta, di riuscire a far crescere nel loro Paese un nuovo “movimento Solidarnosc” che, dopo 40 anni, scuota alla solidarietà, stavolta, nell’accoglienza. “Abbiamo realizzato quello che è stato chiamato il ‘Ristorante dell’amicizia’, servendo a tavola e cucinando anche con attenzione al gusto dei rifugiati, in stragrande maggioranza afghani”, prosegue Signifredi che sottolinea come ci siano 15mila rifugiati che vivono da anni a Lesbo, dove mangiano poco e male, pasti scarsamente nutrienti e inadatti soprattutto per i bambini. “Durante la giornata andavamo a fare visita nei campi per invitarli a pranzo, soprattutto il luogo che è stato soprannominato dai rifugiati ‘la giungla’, perché è costruito tra gli uliveti con baracche, tende poverissime e senza servizi igienici. Almeno 300 persone ogni giorno per tutto il mese di agosto, in maggioranza famiglie con bambini molto piccoli provenienti da Afghanistan, Iran e Siria, grazie all’interessamento di Sant’Egidio, hanno ricevuto il permesso di uscire dal campo profughi di Moria per mangiare nel Ristorante dell’amicizia che resta aperto dalle ore 14,30 fino alle ore 20, rispettando tutte le norme igieniche, sanitarie ed i distanziamenti in materia di prevenzione della pandemia di coronavirus Covid-19. Ad aiutarli nelle visite nei campi e nella distribuzione dei pasti, anche una trentina di rifugiati che conoscono bene le situazioni più disagiate che hanno bisogno di particolare attenzione.

“La nostra motivazione è evangelica. Siamo scioccati, colpiti dall’inerzia dell’Europa nell’accoglienza, dal fatto di aver dimenticato migliaia di persone sull’isola di Lesbo”, prosegue Signifredi che ricorda come neppure la visita di Papa Francesco e del patriarca Bartolomeo I, 4 anni fa, abbia scosso le coscienze come ci si sarebbe potuti aspettare. “I rifugiati non hanno alcuna prospettiva. Attendono per mesi, anni, un foglio che permetta loro di proseguire il viaggio. Siamo andati lì per dimostrare che ci sono degli europei che vogliono bene ai rifugiati e vorrebbero aiutarli ad inserirsi e integrarsi nelle nostre società e anche per sognare insieme quello che già abbiamo realizzato con alcuni di loro: i corridoi umanitari. L’unico modo per svuotare i campi di Lesbo e dare un futuro a migliaia di persone”. La strada da seguire per il futuro sono i “corridoi umanitari europei” secondo Signifredi. La Comunità di Sant’Egidio, assieme al card. Konrad Krajewski, elemosiniere di Papa Francesco, spinge verso questa soluzione divenuta una realtà in Italia grazie alla mediazione tra il Governo italiano e quello greco, ma che necessità della partecipazione di più Paesi dell’Europa per poter permettere lo svuotamento dei campi rifugiati e l’inserimento delle persone nella società. “Mantenere una situazione di totale incertezza, mancanza di igiene, abbandono di oltre 15mila persone, in maggioranza donne e bambini, non fa bene a nessuno, non aiuta i Paesi europei ad essere più sicuri e protetti da qualsiasi pericolo, ma crea una situazione di disperazione e non risolverà nessun problema”, le parole del volontario di Sant’Egidio, che rimarca l’importanza dell’integrazione, sperimentata direttamente sul campo a Lesbo, attraverso la testimonianza di chi scappa dall’Afghanistan in cerca di pace e s’impegna anche nel seguire un corso di inglese che, ideato solo per organizzare un’attività durante la mattina, in una sola giornata è passato da 30 studenti a oltre 100, dimostrando il desiderio di un futuro.

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