Leone XIV: “non bisogna vergognarsi di piangere”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Non bisogna vergognarsi di piangere; è un modo per esprimere la nostra tristezza e il bisogno di un mondo nuovo; è un linguaggio che parla della nostra umanità debole e messa alla prova, ma chiamata alla gioia”. Lo ha detto il Papa, nell’omelia della veglia del Giubileo della consolazione, presieduta nella basilica di San Pietro. “Le lacrime sono un linguaggio, che esprime sentimenti profondi del cuore ferito”, ha osservato Leone IV: “Le lacrime sono un grido muto che implora compassione e conforto. Ma prima ancora sono liberazione e purificazione degli occhi, del sentire, del pensare”. “Dove c’è il dolore sorge inevitabile l’interrogativo: perché tutto questo male? Da dove proviene? Perché è dovuto capitare proprio a me?”, ha affermato il Pontefice, citando Sant’Agostino, che nelle sue Confessioni scrive: “Se Dio che è buono ha creato buone tutte le cose, allora da dove ha origine il male? Tali erano i pensieri che io manipolavo nel mio misero cuore … Tuttavia, salda e stabile rimaneva nel mio cuore la fede nella Chiesa cattolica del suo Cristo, nostro Signore e Salvatore; fede che non intendevo abbandonare, benché su molti punti fosse vaga e fluttuante”. “Il passaggio dalle domande alla fede è quello a cui ci educa la Sacra Scrittura”, ha spiegato Leone: “Vi sono infatti domande che ci ripiegano su noi stessi e ci dividono interiormente e dalla realtà. Vi sono pensieri da cui non può nascere nulla. Se ci isolano e ci disperano, umiliano anche l’intelligenza. Meglio, come nei Salmi, che la domanda sia protesta, lamento, invocazione di quella giustizia e di quella pace che Dio ci ha promesso. Allora gettiamo un ponte verso il cielo, anche quando sembra muto”.

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