“Il popolo ucraino chiede la giustizia, la dignità della vita, il diritto alla vita, il diritto alla propria casa, alla propria terra. Ma soprattutto chiede di vivere nella libertà. Non vogliamo una pace in cui diventiamo terrorizzati, massacrati e uccisi in un silenzio coperto e imposto, ma vogliamo una pace giusta che ci ridoni quella libertà della vita che avevamo prima dell’inizio della guerra del 2014”. Risponde così, mettendo in chiaro questi “punti” mons. Maksym Ryabukha, vescovo dell’esarcato greco-cattolico di Donetsk, alla domanda di come gli ucraini percepiscono le varie trattative e gli accordi che le leadership mondiali stanno cercando di fare in queste ore. “Aggiungerei poi un’altra cosa a cui teniamo tanto”, aggiunge il vescovo. “Non si facciano gli accordi su di noi, senza di noi, come anche non si derubi la terra degli ucraini giustificando questo furto con gli accordi di pace”. Raggiunto telefonicamente dal Sir, mons. Ryabukha è in macchina di ritorno da un viaggio che lo ha portato in questi giorni a visitare i territori dell’esarcato di Donetsk che coprono le città di Lugansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Dnipro. Ed era in viaggio quando ha ricevuto la notizia della morte di Papa Francesco. “Il suo affetto per noi non era solo nelle parole, ma si manifestava anche nei fatti. Ha per esempio sensibilizzato alla questione ucraina tutte le parrocchie cattoliche in Europa, promuovendo una raccolta di fondi per il supporto del popolo ucraino. Sommando tutti i fondi raccolti grazie al suo intervento personale, il totale si aggira attorno ai 16 milioni di euro. Non credo che ci sia qualche altro Stato che ci abbia sostenuto per una tale quantità di aiuti, come ha fatto il Papa”. Papa Francesco non è riuscito ad andare in Ucraina. Sperate che il futuro Papa possa fare questo viaggio? “Il dramma che stiamo vivendo è veramente molto forte”, risponde il vescovo. “Certo, la visita del Santo Padre è sempre un incoraggiamento alla vita, un incoraggiamento a guardare avanti. Certo che speriamo che il futuro Papa possa venire. Ma quando ci chiedono qual è la nostra vera speranza, noi rispondiamo che il nostro sogno è la pace giusta, il rispetto della dignità della vita, la possibilità di tornare nelle nostre case. Se la visita del futuro Papa può aiutare ad avvicinare più in fretta questo sogno, allora sì, speriamo”.