“È sufficiente volgere lo sguardo all’Europa e al Mediterraneo per potersi rendere conto che sorta di violenza viene perpetrata, soprattutto verso gli indifesi ed inermi, bambini e anziani. E nonostante da tempo, anche su sollecitazione dei Sommi Pontefici, Francesco e Leone XIV, stiamo invocando da Dio il dono della pace per quelle terre martoriate, ma anche per i tutti i luoghi che sono in guerra, sembra che il Padre della misericordia non voglia ascoltarci. E allora, dinanzi a questa facciata del santuario di Pompei, intitolata alla pace universale e inaugurata nel 1901, all’inizio del secolo scorso, salga a Dio per intercessione della Madonna di Pompei, ancora più forte, il grido di pace e, integrando le parole della supplica, preghiamo: ‘Pietà e pace oggi imploriamo per le Nazioni traviate, per tutta l’Europa, per tutto il mondo, perché pentito ritorni al tuo Cuore. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia!’”. Lo ha detto, ieri mattina, mons. Vincenzo Pisanello, vescovo di Oria, nell’omelia della messa, sul sagrato del santuario di Pompei, che ha preceduto la recita della supplica alla Madonna di Pompei.
Il presule ha esortato i devoti a radicarsi nella fede, ad avere speranza, a vivere concretamente la carità, guardando proprio a Pompei e al suo fondatore, Bartolo Longo, che Papa Leone XIV canonizzerà, in piazza San Pietro, il 19 ottobre. “Proprio Pompei, la nuova Pompei, con lo splendore del suo santuario e con le opere di carità ad esso collegate – ha osservato mons. Pisanello – dà corpo alla nostra speranza, ci permette di vedere un mondo nuovo, fondato sulla fede e manifestato dalla carità. Sono proprio le tre virtù teologali, cioè doni di Dio, che hanno Dio come fine e che sono possibili solo attraverso l’azione divina nella persona e non derivano dallo sforzo umano, che hanno sostenuto il beato Bartolo Longo e sua moglie, la contessa Marianna Farnararo de Fusco, nell’intuire prima e nel realizzare poi, la città di Maria, la nuova Pompei”. Com’è noto, ha aggiunto, “tutto è partito in quel lontano ottobre del 1872 quando, giungendo nella Valle di Pompei, il nostro santo continuava a domandarsi come avrebbe fatto a salvarsi, dato che aveva vissuto esperienze poco edificanti (adesione allo spiritismo, al positivismo – negando il soprannaturale – e all’ateismo pratico). Era verso mezzogiorno quando ebbe una monizione interiore: ‘Se propaghi il Rosario, sarai salvo!’. Che credito dare ad una tale ispirazione mentre girando solamente lo sguardo sulle campagne che doveva amministrare e sulle quali oggi esiste la città di Maria, vedeva solo desolazione ed abbandono? È la fede di quest’uomo, un laico – lo voglio ribadire, un laico come tantissimi di voi – che gli ha fatto credere in una ispirazione divina e gli ha fatto sentire la materna protezione di Maria Vergine. È la fede che gli ha permesso di vedere ciò che ancora non era visibile. È la fede che lo ha spinto ad iniziare a catechizzare i contadini, a ristrutturare la chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore e ad erigere una nuova chiesa dedicata alla Madonna del Rosario, la cui prodigiosa immagine arrivò a Pompei, su un umile carro di letame, il 13 novembre 1875, centocinquant’anni fa! Un giubileo nel Giubileo!”.