7 ottobre e Gaza: card. Parolin, “fermiamoci prima che sia troppo tardi”, “due popoli due Stati” via per la pace

“La Santa Sede, talvolta incompresa, continua a chiedere pace, a invitare al dialogo, a usare le parole negoziato e trattativa e lo fa sulla base di un profondo realismo: l’alternativa alla diplomazia è la guerra perenne, è l’abisso dell’odio e dell’autodistruzione del mondo”. È l’appello del segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, in un’intervista rilasciata ai media vaticani a due anni dall’attacco terroristico perpetrato da Hamas contro Israele. “Dobbiamo gridare con forza: fermiamoci prima che sia troppo tardi”, il monito: “E dobbiamo agire, fare tutto il possibile perché non sia troppo tardi. Tutto il possibile”. La Santa Sede ha riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina dieci anni fa, con l’Accordo globale tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina, ricorda Parolin: l’auspicio è quello di “una risoluzione giusta, comprensiva e pacifica della questione della Palestina, in tutti i suoi aspetti, in conformità al diritto internazionale e a tutte le pertinenti risoluzioni dell’Onu”, per “uno Stato di Palestina che sia indipendente, sovrano, democratico e praticabile, inclusivo della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e di Gaza”. Non, quindi, uno Stato “in opposizione ad altri, ma capace di vivere fianco a fianco dei suoi vicini, in pace e in sicurezza”. “Guardiamo con soddisfazione al fatto che diversi Paesi del mondo abbiano riconosciuto lo Stato di Palestina”, dichiara Parolin: “Ma non possiamo non notare con preoccupazione che le dichiarazioni e le decisioni israeliane vanno in una direzione opposta e, cioè, intendono impedire per sempre la possibile nascita di un vero e proprio Stato palestinese”. “Questa soluzione – la nascita di uno Stato palestinese – dopo quanto avvenuto negli ultimi due anni mi sembra ancora di più valida. È la via, quella dei due popoli in due Stati, che la Santa Sede ha perseguito fin dall’inizio. Le sorti dei due popoli e dei due Stati sono interconnesse”. Quanto alla situazione della comunità cristiana sul terreno, dopo il duro attacco alla Sacra Famiglia, il cardinale commenta: “Mi commuove pensare a queste persone che sono determinate a restare e che quotidianamente pregano per la pace e per le vittime. È una situazione sempre più precaria. Cerchiamo di essere loro vicini in tutti i modi, grazie alle attività del Patriarcato latino di Gerusalemme e della Caritas, ringraziamo i governi e tutte le istituzioni che si impegnano per far arrivare aiuti e per permettere ai feriti gravi di essere soccorsi. Il ruolo dei cristiani in Medio Oriente è stato e rimane fondamentale, anche se il loro numero si assottiglia. Vorrei ricordare che essi partecipano in tutto e per tutto alle vicende del loro martoriato popolo palestinese, del quale condividono le sofferenze”.

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