Agricoltura: Coldiretti e Filiera Italia, parte la raccolta del pomodoro ma Cina ci sorpassa grazie a concorrenza sleale”

(Foto: Coldiretti)

“Parte la raccolta del pomodoro da salsa con l’Italia che a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, fra grandinate, nubifragi, alluvioni e ondate di calore, rischia di produrre ancora meno dei 5,6 miliardi di chili previsti per il 2023, mentre alle frontiere nazionali si assiste al balzo del +50% delle importazioni di concentrato di pomodoro cinese che costa la metà di quello tricolore grazie allo sfruttamento dei prigionieri politici e della minoranza musulmana degli Uiguri nello Xinjiang”. È quanto denunciano Coldiretti e Filiera Italia sulla base dei dati del World Processing Tomato Council, in occasione dell’avvio della raccolta in Italia a Foggia dove si coltiva quasi 1/5 (19%) dell’intero raccolto nazionale. “Uno scenario in cui – sottolineano Coldiretti e Filiera Italia – la Cina con 7,3 miliardi di chili nel 2023 sorpassa l’Italia nella classifica mondiale dei produttori di pomodoro da industria”.
“Il pomodoro Made in Italy – evidenziano Coldiretti e Filiera Italia – rappresenta un ingrediente fondamentale della dieta mediterranea e della vera cucina italiana candidata all’iscrizione nella lista rappresentativa dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco. In Italia sono circa 70mila gli ettari coltivati a pomodoro da salsa, con la Puglia che è il principale polo della salsa Made in Italy nel Mezzogiorno con quasi 18mila ettari concentrati per l’84% proprio a Foggia, mentre l’Emilia Romagna è l’hub dell’oro rosso al Nord con 26mila ettari, oltre la metà fra Piacenza e Parma. A livello nazionale la filiera del pomodoro impegna complessivamente circa 7.000 imprese agricole, oltre 100 imprese di trasformazione e occupa 10.000 addetti, per un fatturato totale che lo scorso anno ha raggiunto i 4,4 miliardi di euro”.
Tra i problemi citati per la produzione italiana di pomodori, il clima pazzo, l’aumento dei prodotti energetici e delle materie prime, il caro carburanti e il gap delle infrastrutture logistiche di trasporto. “Il tutto mentre il pomodoro agli agricoltori viene pagato solo fra i 15 e i 17 centesimi al chilo. Il risultato è che, ad esempio, per una bottiglia di passata da 700 ml in vendita mediamente a 1,6 euro solo il 9,4% riguarda il valore riconosciuto al pomodoro in campo, mentre – affermano Coldiretti e Filiera Italia – il 90,6% del prezzo è il margine della distribuzione commerciale, i costi di produzione industriali, il costo della bottiglia, dei trasporti, il tappo, l’etichetta e la pubblicità”.
In questo scenario “l’Italia scivola al terzo posto come produttore mondiale scalzata dalla Cina che fa concorrenza sleale violando diritti umani e dei lavoratori” tanto che il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, e l’amministratore delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, hanno scritto al ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida per denunciare che “l’aumento della produzione di pomodoro da industria cinese e la differenza di prezzo tra il concentrato di produzione orientale e italiana hanno determinato la ripresa di fenomeni fraudolenti di difficile individuazione data l’alta diluizione a cui il prodotto è sottoposto per l’ottenimento dei diversi derivati del pomodoro”.

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