Ucraina: mons. Gallagher (Segretario per i rapporti con gli Stati), “le parole e i gesti pubblici del Papa non sono atti di pacifismo vuoto ma una forte e coraggiosa profezia di pace”

“Le parole e i gesti pubblici del Papa sono dati di fatto e la loro interpretazione può giustamente essere data con libertà e discrezionalità. Tuttavia, interpretarli come ‘atti di pacifismo vuoto’ ed espressioni del ‘genere teatrale del «pio desiderio»’, non rende giustizia alla visione e alle intenzioni del Santo Padre, che non vuole rassegnarsi alla guerra e si ostina a credere nella pace, invitando tutti a esserne tessitori e artigiani creativi e coraggiosi”. Sono alcune precisazioni sulla posizione del Papa e della Santa Sede fatte oggi da mons. Paul Richard Gallagher, Segretario per i rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali della Santa Sede, durante la presentazione del volume “Lezioni Ucraine”, in occasione dell’evento promosso da Elea nel 30° di fondazione di Limes, a Roma, nella sala conferenza di Palazzo del Vicariato Vecchio. Facendo riferimento ad alcuni passaggi di articoli della rivista monografica di Limes dedicata all’Ucraina monsignor Gallagher fa notare che “diverse volte i pronunciamenti del Santo Padre su tali temi, alquanto delicati, sono stati tradotti senza la dovuta precisione e poi lanciati con commenti non sempre appropriati, senza risparmiargli talvolta anche qualche offesa”. “Ciò che muove il Santo Padre – ha sottolineato – non è altro che la volontà di rendere possibile il dialogo e la pace, ispirato dal principio che ‘la Chiesa non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù’” . È perciò ingiusto definire i ‘tentativi del Vaticano inutili quanto dannosi’ o qualificare ‘blasfemo’ ‘l’anti-americanismo vaticano, simile a quello di una certa sinistra italiana'”. “Certamente non è nelle intenzioni della Santa Sede di ‘chiudere gli occhi di fronte ai sistematici crimini di guerra da parte dell’esercito e delle autorità russe e mettere sullo stesso piano un Paese aggressore con un aggredito’ – ha affermato -, poiché lo stesso Papa ha chiaramente detto di aver distinto tra aggressore e aggredito, con la certezza incontestabile che tutto il mondo sa bene chi siano l’uno e l’altro. D’altronde, proprio nei fatti e con ‘tutte le iniziative umanitarie e i gesti compiuti a favore della popolazione ucraina’ il Papa ha chiaramente dimostrato a livello concreto chi è l’aggressore e chi è la vittima”.
Dunque, ha precisato monsignor Gallagher, “mi sembra che si debba riconoscere che i gesti e le parole del Santo Padre non sono espressione di una mera ‘retorica di pace’, ma di una forte e coraggiosa ‘profezia di pace’, che sfida la realtà della guerra e la sua presunta ineluttabilità. Questa profezia, però, anziché essere accolta e sostenuta, perché possa trovare più facilmente attuazione, è rifiutata e condannata, con uno spirito che in questo modo si dimostra non meno parziale di quello che si vuole attribuire alla Santa Sede”. Monsignor Gallagher ha sottolineato anche che “mentre giustamente si esprime grande apprezzamento e gratitudine alle ambasciate che dinanzi alla marcia russa verso Kyiv non hanno lasciato il Paese, ma si sono spostate a Lviv, non si fa il minimo cenno al fatto che, davanti alla stessa minaccia, il Nunzio Apostolico è rimasto nella capitale ucraina, sostenuto dall’apprezzamento e dalla gratitudine pubblica di Papa Francesco”. Tale scelta del Rappresentante Pontificio, ha precisato, “dimostra chiaramente che il desiderio della Santa Sede non è quello di voler ‘giocare un ruolo’ nella tragica guerra russa in Ucraina, com’è affermato in un altro articolo nella Rivista, ma di mostrare concreta vicinanza cristiana a un popolo martoriato e di spendersi per la pace, senza badare troppo al rischio di perdere la faccia e di scoprirsi sfiduciati dinanzi ai profeti di sventura dei nostri tempi”. Ha inoltre ricordato “il coinvolgimento della Chiesa cattolica locale, sia di rito latino che orientale, e anche di diverse organizzazioni caritative cattoliche, soprattutto nell’ambito umanitario, senza dimenticare le numerose missioni svolte in Ucraina dal Card. Konrad Krajewski, Elemosiniere di Sua Santità. Tutto questo può indubbiamente essere considerato come una specie di ‘abbraccio di carità’ con cui il Santo Padre ha stretto il popolo ucraino, non lasciandolo solo nella sofferenza e nella tragedia che sta sperimentando”.

 

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori