Papa Francesco: a Delegazione Patriarcato ecumenico, “come cristiani non possiamo rassegnarci alla guerra, ma abbiamo il dovere di lavorare insieme per la pace” in Ucraina

(Foto Vatican Media/SIR)

“Il clima di questo incontro ci porta così anche a condividere delle preoccupazioni; una su tutte, quella per la pace, specialmente nella martoriata Ucraina”. È un passaggio del discorso preparato e consegnato da Papa Francesco, in occasione dell’udienza ai membri della Delegazione del Patriarcato ecumenico, giunta come di tradizione a Roma in occasione della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
“È una guerra che, toccandoci più da vicino, ci mostra come in realtà tutte le guerre sono solo dei disastri, dei disastri totali – avverte il Pontefice -: per i popoli e per le famiglie, per i bambini e per gli anziani, per le persone costrette a lasciare il loro Paese, per le città e i villaggi, e per il creato, come abbiamo visto recentemente a seguito della distruzione della diga di Nova Kakhovka”. Il Santo Padre osserva: “Come discepoli di Cristo, non possiamo rassegnarci alla guerra, ma abbiamo il dovere di lavorare insieme per la pace. La tragica realtà di questa guerra che sembra non avere fine esige da tutti un comune sforzo creativo per immaginare e realizzare percorsi di pace, verso una pace giusta e stabile. Certamente, la pace non è una realtà che possiamo raggiungere da soli, ma è in primo luogo un dono del Signore. Tuttavia, si tratta di un dono che richiede un atteggiamento corrispondente da parte dell’essere umano, e soprattutto del credente, il quale deve partecipare all’opera pacificatrice di Dio”.
In questo senso, aggiunge Francesco, “il Vangelo ci mostra che la pace non viene dalla mera assenza di guerra, ma nasce dal cuore dell’uomo. A ostacolarla, infatti, è in ultima analisi la radice cattiva che ci portiamo dentro: il possesso, la volontà di perseguire egoisticamente i propri interessi a livello personale, comunitario, nazionale e persino religioso. Perciò Gesù ci ha proposto come rimedio quello di convertire il cuore, di rinnovarlo con l’amore del Padre”. È “un amore gratuito e universale, non confinato al proprio gruppo: se la nostra vita non annuncia la novità di questo amore, come possiamo testimoniare Gesù al mondo? Alle chiusure e agli egoismi va opposto lo stile di Dio che, come ci ha insegnato Cristo con l’esempio, è servizio e rinuncia di sé. Possiamo esser certi che, incarnandolo, i cristiani cresceranno nella comunione reciproca e aiuteranno il mondo, segnato da divisioni e discordie”.
Il Papa conclude il testo domandando “al Signore che, per l’intercessione dei Santi Pietro e Paolo e di Sant’Andrea, fratello di Pietro, questo nostro incontro possa essere un ulteriore passo nel cammino verso l’unità visibile nella fede e nell’amore. Fraternamente vi chiedo di pregare per me e per il mio ministero”.

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