Giovani: Caritas Andria, tra migranti e ferite della guerra concluso il campo di lavoro a Sarajevo

(foto: Caritas Andria)

Un gruppo di giovani della Caritas diocesana di Andria ha partecipato ad un campo di lavoro nella città di Sarajevo, luogo che porta ancora i segni visibili e le ferite di una guerra, combattuta solo 30 anni fa, tra il 1992 e il 1995. La motivazione della scelta di questa località è data dal fatto che l’Europa si è trovata all’improvviso luogo di guerre combattute e diventa importante per i giovani conoscerne le cause, le ferite che si procurano e i tempi per rimarginarle. Vicino a Sarajevo c’è inoltre Usivak, un campo di accoglienza temporaneo sulla rotta balcanica dei profughi, che accoglie i migranti che fuggono da Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan, ma anche Algeria, Marocco e Tunisia a causa delle condizioni economiche, della guerra, del clima. “Sorpresa tra le sorprese – scrivono i giovani -, abbiamo incontrato anche un gruppo di migranti provenienti da Cuba e dal Burundi. Intraprendono un lungo viaggio, attraversando la Turchia, la Grecia, la Macedonia, la Bulgaria, la Serbia, sostano in Bosnia Erzegovina, continuano per la Croazia e la Slovenia per poi raggiungere un Paese occidentale per condurre dignitosamente la loro vita”. “Nei giorni in cui abbiamo svolto il servizio c’erano più di 300 persone – raccontano -, ma i flussi migratori sono continui e non si fermano davanti alle barriere costruite dagli Stati. Abbiamo avuto la possibilità di conoscere più da vicino famiglie con bambini, ragazzi e minori non accompagnati, che compiono questo lungo percorso difficile e pieno di insidie. Sperimentano l’atroce disumanità, la violenza e la perdita di ogni forma di diritto umano”. I giovani hanno anche visitato lo spazio chiamato “Social corner”, gestito dalla Caritas della Bosnia Erzegovina e da Caritas italiana, dove si può socializzare e trovare ristoro intorno ad una tazza di the. “Questa bellissima esperienza – dicono i giovani – ci ha permesso di toccare con mano i segni della sofferenza, di vedere negli occhi dei ragazzi incisa la paura di vivere un futuro incerto ma al tempo stesso di riconoscere in loro una grande forza d’animo e una consapevole dignità che cela ogni forma di dolore e perdita”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Chiesa