Quaresima: card. Cantalamessa, “investire tempo nella preparazione dell’omelia”, “senza l’unzione le parole esterne fanno soltanto un inutile strepito”

“La liturgia della Parola è la migliore risorsa per fare ogni volta della Messa una celebrazione nuova, evitando il grande pericolo di una predicazione monotona che i giovani trovano noiosa”. Lo ha detto il card. Raniero Cantalamessa, predicatore della casa Pontificia, che nella prima predica di Quaresima, in Aula Paolo VI, ha esortato i presenti ad “investire tempo nella preparazione dell’omelia”. “I giovani devono capire che la Parola di Dio tocca le questioni reali della vita ed è l’unica a dare risposta domande serie esistenza”, l’indicazione del cardinale, secondo il quale “ci sono due modi preparare omelia: il primo è di sedersi a tavolino e, dopo aver preparato il tema, chiedere a Dio di benedire. Ma per essere profetici occorre compiere il percorso inverso: bisogna prima mettersi in ginocchio e chiedere a Dio qual è la parola che vuol far risuonare per il suo popolo. Dio ha una parola per ogni occasione e non manca di rivelarla al suo ministro, se lo chiede umilmente. Poi puoi mettere la tua cultura a servizio della Parola di Dio”. Tuttavia, “tutta l’attenzione data alla Parola di Dio, da sola, non basta”, il monito di Cantalamessa: “Su di essa deve scendere la forza dall’alto”, dallo Spirito Santo. “L’unzione spirituale è presente sia in chi parla, sia in chi ascolta”, ha ricordato il cardinale: “Sarebbe un errore fare affidamento solo sull’ unzione sacramentale ricevuta una volta per tutte ordinazione nell’ordinazione sacerdotale o episcopale: ci abilita a certe azioni sacramentali, ci dà l’autorizzazione a fare certe cose, ma non necessariamente l’autorità che stupiva le folle quando parlava Gesù. Ci assicura la successione apostolica, ma non necessariamente il successo apostolico”.  “L’unzione spirituale è come un unguento profumato racchiuso in un vaso”, ha spiegato Cantalamessa: “rimane inerte e non sprigiona nessun profumo se non si rompe il vaso. L’unzione non dipende da noi, ma dipende da noi rimuovere gli ostacoli che ne impediscono l’’irradiazione”. “Rompere il vaso d’alabastro”, per il predicatore della Casa pontificia, è superare “il nostro arido intellettualismo, è mettersi in stato di resa a Dio e di resistenza al mondo”. Di qui la necessità di “chiedere l’unzione prima di accingersi alla predicazione”:  ”L’unzione non è necessaria solo ai predicatori sacerdoti o ministri, è necessaria anche agli ascoltatori per accogliere la Parola”. ”E’ il maestro interiore colui che veramente istruisce: è cristo con la sua ispirazione che insegna”, ha concluso Cantalamessa citando Sant’Agostino: “Quando manca l’unzione, le parole esterne fanno soltanto un inutile strepito”.

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