Porto Rico: vescovi, essere “artigiani di pace contro la violenza”

L’aumento di episodi di violenza, che ci stanno verificando a Porto Rico “ci feriscono ogni giorno di più e ci causano terrore, non si tratta non solo di perdite di vite umane in relazione al traffico di droga, ma anche di omicidi contro donne, bambini, fratelli e altri membri delle stesse famiglie”. L’allarme viene lanciato dalla Conferenza episcopale portoricana (Cep), in una lettera pastorale che è stata pubblicata ieri.
Senza dimenticare i compiti del Governo, avvertono i vescovi, “dobbiamo contribuire alla ricostruzione del tessuto sociale, religioso, etico e culturale di questo popolo, con impegno quotidiano e costante, affinché emerga una pace autentica”. La spirale di violenza che si sta verificando nelle nostre città “richiede che ci fermiamo lungo il cammino per una ricostruzione a partire dalle radici del nostro essere”. Riflettono i vescovi: “Abbiamo accumulato, come società, alti livelli di tensione a causa di uragani passati, terremoti, tensioni socio-politiche come quelle che hanno portato alle proteste dell’estate 2019 e, attualmente, alla pandemia di Covid-19. Ma queste situazioni si aggiungono a ciò che già esisteva a livello più profondo: il crescente impoverimento della classe media e inferiore, il degrado del nostro ambiente, il colonialismo, la bancarotta del governo e le decisioni del Consiglio di vigilanza fiscale, molte delle quali aggiungono maggiori oneri una società che vive nell’incertezza sul proprio futuro”.
La lettera prosegue nella sua analisi: “Ricorrentemente compaiono notizie di atti di corruzione nella sfera pubblica e privata. Vediamo come si mantiene l’esodo dei cittadini e di intere famiglie, con le rotture che tali fenomeni producono sempre nelle relazioni e nelle comunità. La presenza di un potente narcotraffico, direttamente responsabile di molti atti di violenza, crea continui disordini. Di recente, i crimini intra familiari sono aumentati, come gli omicidi di donne e altri membri della stessa famiglia”.
Avvertono i vescovi: “La violenza non si ferma solo o principalmente con l’aumento della repressione e del regime di sorveglianza o di polizia. Socialmente chiede una ristrutturazione del progetto o della visione del popolo. Occorre un grande accordo per definire che tipo di persona e di cittadino vogliamo educare e raggiungere; che tipo di economia e politica vogliamo produrre, che qualità della vita, anche che uso faremo degli spazi e del tempo”. La lettera ricorda il valore della misericordia e della pace, concludendosi con un appello: “Essere persone di pace”, capaci di “costruire artigianalmente una società in pace”.

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