Migranti alla frontiera tra Colombia e Panama: rete Clamor, vescovi centroamericani e colombiani, appello per “accoglienza e canali umanitari”

Un “atteggiamento di accoglienza”, frutto di uno “sguardo misericordioso” alle persone migranti, rifugiate, sfollate e vittime di tratta. Un “lavoro congiunto tra i Governi, le organizzazioni governative e della società civile, istituzioni e le comunità di accoglienza, per umanizzare l’assistenza ai migranti e garantire un minimo di appoggio su alimentazione, salute e convivenza”. La garanzia dei “diritti di base”, anche attraverso canali umanitari e speciali visti. Un invito alle comunità locali, perché siano solidali e perché venga garantita un’accoglienza “responsabile e dignitosa”. Sono queste le richieste della Chiesa di fronte all’emergenza migranti, soprattutto haitiani, che coinvolge il nord della Colombia, in particolare il municipio di Necoclí, e la zona frontaliera di Panama, nella provincia del Darién. Almeno diecimila le persone che si trovano bloccate in Colombia e molte di più quelle che, provenendo dal Sudamerica, cercano di attraversare i Paesi dell’America centrale.
Le richieste sono contenute in una nota, pervenuta al Sir, firmata ieri dai presidenti di tre organismi: mons. Gustavo Rodríguez, arcivescovo di Yucatán (Messico) e presidente della rete ecclesiale continentale Clamor; mons. José Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador e presidente del Sedac (il Segretariato episcopale dell’America centrale); mons. Luis José Rueda Aparicio, arcivescovo di Bogotá e presidente della Conferenza episcopale colombiana.
Nella nota si esprime la preoccupazione per i rischi cui vanno incontro i migranti, nel pericoloso attraversamento della selva del Darién, sia per le caratteristiche del territorio sia per la presenza di gruppi armati. Conclude la nota: “Facciamo appello a lavorare insieme per i migranti che chiedono sostegno per proseguire il loro cammino, a partire dalla comprensione della loro situazione e dal riconoscimento come persone che vivono un’emergenza che li spinge a una mobilità piena di rischi, necessità e sfide continue”.

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