Migrazioni: Medu, “centri di accoglienza grandi e sovraffollati causano effetti negativi sulla salute mentale dei rifugiati”

“I fattori di stress post-migratori, come ad esempio condizioni di vita precarie in grandi e sovraffollati centri di accoglienza, producono effetti negativi sulla salute mentale dei rifugiati e dei richiedenti asilo al pari delle violenze subite nei Paesi di origine o lungo la rotta migratoria”. Lo rileva una ricerca di Medici per i diritti umani (Medu) appena pubblicata sull’International Journal of Social Psychiatry.
Nel caso specifico dello studio, i pazienti provenienti dal Cara di Mineo, prototipo dei mega centri italiani, presentavano un quadro clinico di disturbo da stress post-traumatico “significativamente più grave rispetto ai pazienti provenienti da centri di accoglienza di minori dimensioni”. “Questo aspetto è particolarmente rilevante in quanto rifugiati e richiedenti asilo sono sempre più ospitati in hotspot e centri di prima accoglienza enormi e sovraffollati, anche nei Paesi occidentali ad alto reddito”. Medu indica anche il campo di Moria in Grecia, recentemente devastato da un drammatico incendio, come “uno degli esempi più eclatanti in Europa”. “Del resto, anche il nuovo patto per l’immigrazione e l’asilo appena presentato dalla Commissione europea rischia di alimentare proprio il modello dei grandi centri alle frontiere esterne dell’Unione europea”, avverte in una nota Medu, che si sofferma anche sulle conclusioni della ricerca, che “pongono questioni assai attuali anche per il nostro Paese, alla luce del fatto che nelle prossime settimane il governo ed il Parlamento si apprestano ad emendare i decreti sicurezza”. Medici per i diritti umani, infine, auspica che “le forze politiche sappiano trarre insegnamento dalle esperienze fallimentari del recente passato” e reputa “necessario” promuovere “un sistema di accoglienza basato su realtà di piccole dimensioni, dotate di servizi adeguati ed integrate nel territorio, in grado di favorire una reale inclusione per il beneficio delle persone accolte e di tutta la collettività”.

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