Maltempo in Piemonte: mons. Nosiglia (Cep), “non si può più parlare di ‘fatalità’, lutti ci colpiscono più dei danni materiali”

“Ancora una volta le nostre terre e le nostre montagne sono state duramente provate dal disastro provocato da piogge troppo abbondanti e improvvise. Sappiamo bene, ormai, che non si può più parlare di ‘fatalità’: il cambiamento climatico ci insegna, lungo l’intero anno, le conseguenze di scelte imprevidenti e sbagliate nella tutela del territorio. Dobbiamo registrare anzitutto la tragedia di vite perdute a causa dell’alluvione che ha colpito diverse diocesi della nostra Regione, dalle Alpi alla pianura. Prima e più dei danni materiali, questi lutti ci colpiscono direttamente: è la vita il vero primo valore!”. Lo ha dichiarato mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e presidente della Conferenza episcopale piemontese, a seguito dell’ondata di maltempo che nello scorso fine settimana ha duramente colpito diversi territori della Regione Piemonte.
“Per le comunità cristiane e per tutti i cittadini ‘il fare memoria’ e la preghiera sono il modo più importante ed essenziale per ridare la speranza e la forza di una ripresa che ci auguriamo sia sostenuta anche dallo Stato, dalle istituzioni e dalle componenti della società economica e civile del nostro territorio”, prosegue l’arcivescovo, certo che “il Signore è vicino a quanti hanno avuto lutti o distruzioni delle proprie case o luoghi di lavoro e ci impegna tutti a contribuire e aiutare questi nostri fratelli e sorelle”.
“Queste tragedie non nascono solo dal destino o dal caso, ma hanno la loro radice in scelte che non sono di ieri”, denuncia Nosiglia, sottolineando che “c’è una spirale perversa: i Comuni e gli enti territoriali non hanno risorse (economiche, progettuali) per tutelare il territorio, lo Stato è lontano, i progetti europei rimangono una chimera”. “L’ennesimo dramma dell’alluvione – come nel 1994, come nel 2000 – ci richiama tutti al dovere della politica, intesa come impegno diretto delle persone e delle comunità”, conclude il presidente della Cep: “Quella politica che è ricerca del bene comune e non solo – come non si stanca di ripeterci Papa Francesco – strumento degli interessi di individui e di caste”.

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