Papa Francesco: udienza, non “pregare come i pappagalli”. “La preghiera non è un calmante”, se si prega “diventano importanti anche i nemici”

foto SIR/Marco Calvarese

“Quando si prega, ogni cosa acquista spessore”. A garantirlo è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata per l’ultima volta ai salmi. “E’ curioso”, ha commentato a braccio: “Nella preghiera forse incominciamo con una cosa sottile, ma nella preghiera quella cosa acquista peso, Dio la prende in mano e la trasforma”. “Il peggior servizio che si possa rendere, a Dio e anche all’uomo, è di pregare stancamente, in maniera abitudinaria”, il monito di Francesco: “Pregare come i pappagalli: no, si prega col cuore”. “La preghiera è il centro della vita”, ha spiegato il Papa: “Se c’è la preghiera, anche il fratello, la sorella, diventa importante, anzi, anche i nemici”. “Chi adora Dio, ama i suoi figli. Chi rispetta Dio, rispetta gli esseri umani”, ha proseguito Francesco: “Per questo, la preghiera non è un calmante per attenuare le ansietà della vita; o, comunque, una preghiera di tal genere non è sicuramente cristiana. Piuttosto la preghiera responsabilizza. Lo vediamo chiaramente nel “Padre nostro”, che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli”. “Per imparare questo modo di pregare, il Salterio è una grande scuola”, ha affermato il Papa: “Noi prendiamo un salmo, preghiamo con quello, e impariamo questo. Abbiamo visto come i salmi non usino sempre parole raffinate e gentili, e spesso portino impresse le cicatrici dell’esistenza. Eppure, tutte queste preghiere sono state usate prima nel Tempio e poi nelle sinagoghe; anche quelle più intime e personali. E così la preghiera personale attinge e si alimenta da quella del popolo d’Israele, prima, e da quella del popolo della Chiesa, poi”.

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