“In un “periodo segnato – e spesso sconvolto – da profondi cambiamenti sociali, economici, politici e culturali, nel nostro Paese il ruolo del volontariato si conferma essenziale non solo per rispondere ai bisogni delle persone delle comunità, sopperendo in molti casi alle lacune del nostro sistema di welfare, ma anche per generare i nuovi legami sociali e attivare processi di cittadinanza attiva, contrastando in questo modo la diffusione, soprattutto tra i più giovani, di forme di solitudine, paura, e diffidenza verso l’altro”. Lo sottolinea la ricerca “Noi+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato” sulle competenze dei volontari presentata questa mattina a Roma, presso l’Università Roma Tre su iniziativa del Forum Terzo settore e della Caritas Italiana in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della formazione dell’Università di Roma Tre. L’indagine nasce dalla convinzione “condivisa” che “non solo il volontariato ha il merito di contribuire in maniera consistente e a indirizzare la nostra società verso maggiori inclusioni, solidarietà e giustizia sociali, ma rappresenta anche un importante contesto formativo, capace di generare saperi, abilità, atteggiamenti che sono sempre più centrali per affrontare le sfide di oggi”. Le competenze che si sviluppano in contesti di volontariato e Terzo settore – personali, sociali, civiche, interculturali, imprenditoriali, comunicative – sono fondamentali per realizzare percorsi di autorealizzazione personale cittadinanza attive e inclusione, ma spesso purtroppo – si legge nel testo – sono invisibili, non riconosciute. Ad oggi, infatti, non esiste un sistema che riconosca formalmente e valorizzi le competenze dei volontari, ben lo stesso codice del terzo settore punta al raggiungimento di questo obiettivo”. La ricerca vuole segnare “il primo importante passo verso il riconoscimento delle competenze dei volontari, in modo da rafforzare il ruolo e l’impatto del volontariato e, contestualmente, sviluppare la consapevolezza e promuovere l’autonomia dei volontari, soprattutto dei più giovani”. Dala ricerca emerge anche “l’importanza – si legge nella presentazione della ricerca – di una formazione permanente centrata sull’apprendimento esperienziale; il bisogno di sostenere il ricambio generazionale e la coesione intergenerazionale all’interno delle organizzazioni”.